Oro perso, oro trovato. Berlinale 67, gli Orsi tra Enyedi e Kaurismaki

Un’occasione persa per un’occasione trovata. Si potrebbe riassumere così la chiusura della Berlinale 67, segnata dall’Orso d’Argento ad Aki Kaurismaki per la Regia di The Other Side of Hope e dall’Orso d’Oro a Ildikó Enyedi per On Body and Soul (in apertura un’immagine del film). Non che ci sia da recriminare, tutt’altro. La giuria di Verhoeven ha fatto il suo dovere nell’ambito di un Concorso piuttosto discontinuo, premiando col massimo riconoscimento la regista ungherese per un film che è una lezione di cinema dello sguardo e consegnandole quella conferma che un po’ tutti aspettavano sin da quel 1989 che la vide Camera d’Or a Cannes con la folgorante opera prima Il mio XX Secolo. L’inciampo arriva semmai sull’opportunità di premiare per la regia un Maestro ormai riconosciuto come Aki Kaurismaki, per un film di grandissimo valore (cinematografico e anche sociale, il che a Berlino non è fattore trascurabile), sul quale un po’ tutti avevano puntato le aspettative, nella speranza di vedere per una volta il grande finlandese con l’Oro in mano. E questa sì che è un’occasione persa. Tant’è che si è finito con l’applaudire più che il premio a Kaurismaki, il diniego del solito grande Aki, che in pieno stile suo, tra lo slapstick e la protesta, non è salito sul palco per ritirare l’Orso d’Argento, costringendo Kosslick a scendere in platea e sottostare alla sua simpatica e cordiale rivolta. A premi inversi non si sarebbe fatta ingiustizia e saremmo stati tutti più contenti, ma tant’è.

The Other Side of Hope

 

Il resto del palmarès di questa Berlinale lascia di certo perplessità maggiori: il Grand Jury Prize a Félicité di Alain Gomis segnala un film dalle grandi potenzialità ma anche dai netti difetti. Il Premio Alfred Bauer per le nuove prospettive al pur notevolissimo film della sessantottenne Agnieszka Holland, Spoor, suscita qualche giustificato sorriso. Suscita invece ilarità il premio per la sceneggiatura al cileno Una mujer fantastica di Sebastian Lelio, che oltre ad essere un film davvero poco riuscito, ha in realtà i suoi difetti maggiori proprio in fase di script. L’Orso d’Argento per il miglior attore al tedesco Georg Friedrich per il pessimo Bright Night di Thomas Arslan è il solito contentino in quota nazionale, molto meglio di sicuro l’Argento per l’Interpretazione femminile alla bravissima attrice sudcoreana Kim Minhee, protagonista di On the Beach at Night Alone di Hong Sangsoo. Così come si sottoscrive l’argento per il contributo artistico a Dana Bunescu, montatrice del rumeno Ana, mon amour, anche se il film di Calin Peter Netzer avrebbe di sicuro meritato un piazzamento più pieno. Non che il Concorso avesse grandi carte da giocarsi oltre queste (resta fuori solo Colo della Villaverde), in linea con un anno che ha poi visto fuori concorso o in Berlinale Special due dei migliori film in cartellone (The Lost City of Z di James Gray e Logan di James Mangold). La sezione Panorama, che pure sulla carta pareva più interessante, non ha rivelato nulla di particolarmente significativo, mentre il Forum ha tenuto fede a una linea di ricerca che quest’anno ha saputo trovare un migliore equilibrio tra le istanze espressive di cui ha da farsi carico nella variegata scena art house internazionale.