Di zombie e altre storie: i morti viventi visti da Gianmaria Contro in Zombie Walk

La qualità precipua degli zombie è senza dubbio la loro persistenza: non solo quella che li porta a esistere oltre la vita, ma soprattutto quella che permette loro di resistere agli sbalzi d’umore del pubblico. Anche nei periodi di magra, infatti, non scompaiono mai davvero, possono restare ai margini, ma pronti a tornare alla carica per affascinare un pubblico che si sente evidentemente rappresentato dal loro incedere implacabile. È interpretazione comune che, nella loro mancanza d’identità individuale, gli zombie descrivano una perfetta metafora delle angosce del nostro tempo, e incarnino varie paure quali la massificazione, il timore del trapasso e della malattia, la caducità del corpo. Ma c’è chi non la pensa così, come Gianmaria Contro, già autore de Il mercato del terrore e ora di nuovo in libreria con questo Zombie Walk per i tipi di Odoya (pag.298, euro 18). Si tratta di un corposo ma agile saggio per raccontare “L’irresistibile ascesa di un mostro senza qualità”. Che, apparentemente, è una contraddizione in termini: se persino lo stesso autore sente la necessità di raccontare questa icona dell’immaginario horror (e non solo) forse significa che tanto priva di qualità la stessa non è, e infatti Contro lo chiarisce fin dalla prefazione. Il suo intento è “renderli meno noiosi” attraverso una trattazione a tutto campo che non voglia essere tanto definitiva (“il vademecum esaustivo non esiste”) quanto curiosa.

 

 

In questo senso la scaletta si concede il piacere della divagazione, spesso parte da un punto per articolarlo attraverso deviazioni, digressioni e cambi di percorso che danno vita a un sommario quantomai frammentato (ben 29 capitoli in meno di 300 pagine, cui vanno aggiunti una pre(putre)fazione, un’introduzione, le note al testo e un indice dei nomi). Soprattutto, il quadro generale non è relegato ai media tradizionali che hanno espresso la fortuna dei non morti, ovvero il cinema, i fumetti e la letteratura. Il pregio di Contro sta infatti nel trasformare questo suo approccio immersivo e magmatico in una ricognizione molto animata su un terreno che spazia tra storia e cultura, arte e folklore, scienza e immaginazione, con un senso della curiosità vivace e per questo in grado di creare collegamenti inaspettati e, fortunatamente, senza il piglio nerd del nozionista che vuole soltanto snocciolare sinossi e statistiche. Il dazio da pagare è un certo anticonformismo a tutti i costi. L’autore è Contro di nome e di fatto e, tanto per essere chiari, fra le sue prime confutazioni c’è l’origine haitiana del mito e persino la centralità di George Romero nella sua affermazione. Muovendosi tra riferimenti più o meno celebri, l’autore sembra infatti prediligere una narrazione orizzontale dove – smontato ogni verticismo nella scala che vede al vertice l’autore de La notte dei morti viventi – ogni possibile prodromo o epigono che tratta la materia in modo differente trova eguale legittimità a esistere rispetto ai cadaveri putrefatti abbattuti con un colpo alla testa e una netta predilezione per i centri commerciali. Opinione coraggiosa, ma a onor del vero claudicante quanto e più dei personaggi interessati, considerato che se Romero non è l’inventore degli zombie (e non ci pare che qualcuno lo abbia mai affermato) è certamente l’autore che più di tutti ha contribuito a fissarne l’iconografia, al punto che qualsiasi conferma o smentita del suo canone avvenuta a posteriori, non ha mai potuto evitare di farci comunque i conti. Ma Contro ci ricasca e subito dopo smonta un altro pilastro mitologico quale il Dracula di Bram Stoker! La trattazione orizzontale ha comunque un merito innegabile: riesce a ricomprendere categorie altrimenti considerate spesso (e a torto) fuori contesto e che Contro, con ammirevole piglio saggistico, riesce invece a ricontestualizzare e sintetizzare nella formula “andremo altrove”: accade quindi che si ritrovino insieme i saggi sull’economia di Paul Krugman, i poemi di Jean Le Fèvre, gli esperimenti scientifici di Robert E. Cornish, la body art di Rick Genest, il folklore spagnolo, la strage di Denver a opera di Eagan Holmes, fino ai film di El Santo e di Bruno Bozzetto! Ogni ambito trova casa in quella che a questo punto ci appare una perfetta icona mutante, utile a rinascere (letteralmente) nei contesti più disparati, mantenendo sempre la sua importanza anche quando vengono meno i riferimenti più noti. E quindi il viaggio di Contro ha il merito di mostrarci l’affascinante capacità rigenerativa del mito quando riesce a declinarsi nelle culture più diverse in quanto opera dell’umano ingegno. Proprio per questo spiace che Contro infarcisca i passaggi di frasi demistificatorie e forzatamente ironiche, liquidando letture critiche, storiche e culturali pregresse con l’imbarazzo quasi di chi vuol dimostrarsi consapevole di stare affrontando un argomento frivolo (opinione fortunatamente contraddetta poi dalla sostanza del volume). A perderci, inevitabilmente, è un po’ il piacere dell’affabulazione, importante perché in fondo sempre di mito si tratta. Così, procedendo negli spericolati detour del testo, quasi ci si chiede cosa abbia spinto l’improvvido autore a concedersi questo tour-de-force espositivo. La risposta arriva alla fine, quando, eliminate o derubricate alcune delle principali vulgate sul tema, Contro ci dona la sua risposta su cosa spinga questo “mostro senza qualità” a restare così centrale nell’immaginario: è la sua capacità di costituire  la necessità umana di coltivare un desiderio di distruzione che ci aiuti a scendere a patti con la realtà (“per salvare il mondo, di tanto in tanto bisogna farlo a pezzi”), affiancando alla lettura “ansiogena” del fenomeno anche “il sostrato magico più antico che dietro a quelle ansie si cela astutamente”. Sintesi interessante, ma al contempo non esaustiva di un fenomeno tanto articolato. Forse, più semplicemente, solo una delle tante letture possibili del tema o forse i vari approcci alla materia possono coesistere senza essere per forza in contraddizione tra loro. In fondo gli zombi, si sa, sono mostri che uniscono la diversità, identificandosi nel concetto di “massa”, dove tante anime si possono nascondere dietro la stessa icona.