Ian Fleming e l’edonismo di James Bond

51dgmhr3SNL._SY344_BO1,204,203,200_John Pearson, autore della assai divertente James Bond: The Authorized Biography of 007 (1973) si è pure occupato del padre dell’agente segreto nell’informatissima biografia The Life of Ian Fleming (1966).Qui si apprende che Bond:”nacque a Goldeneye la mattina del terzo martedì di gennaio del 1952, quando Fleming avava appena finito di fare colazione e gli restavano ancora dieci settimane dei suoi 43 anni di celibato .” Era in vacanza nella sua villa in Giamaica e, come ricorda la moglie, “due mesi erano troppo lunghi per fare soltanto bagni di sole.” Così Fleming, giornalista ed ex collaboratore dei servizi segreti britannici durante la Seconda guerra mondiale, si improvvisò scrittore creando l’agente segreto con lice51UJ5QC01FL._SX324_BO1,204,203,200_nza di uccidere James Bond, conosciuto anche come 007. Come è noto il nome viene da quello di un ornitologo americano che l’aveva colpito perché “breve, per niente romantico, eppur molto mascolino”, invece il background dei romanzi nasceva, almeno in parte, dalle sue esperienze personali. Efficiente, amante del lusso, snob, anticomunista, Bond esplose in Gran Bretagna, un paese frustrato dal ridimensionamento del proprio status di potenza mondiale in seguito alla perdita delle colonie e che nell’agente segreto trovò una ragione di rivalsa. Protagonista di 13 romanzi e di una raccolta di  (tre) racconti, oltre che sul grande schermo Bond è stato al centro di due serie di fumetti (interessante quella scritta da James Lawrence su tavole di Larry Horak).

 

 

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Ian Fleming è uno scrittore con un suo modo di raccontare preciso e nitido, a tratti perfino luminoso: le sue descrizioni si “vedono” e restano nella memoria come certe mosse di Sean Connery. Il vero 007 che ha creato uno stile inimitabile, fatto di mosse del corpo più che di espressioni del viso. La vera costante dei romanzi è che James Bond non esita, non soffre, non ha dubbi, non ama, se non fisicamente. Si tratta di un uomo o di una macchina? Non ci sono dubbi: è un uomo, macchine sono gli avversari, anzi robot. L’Occidente degli anni della Guerra fredda attribuisce all’Oriente tutto ciò che è inumano. Ma cosa garantisce l’umanità di James Bond se è un assassino e non ha sentimenti? Se bastasse essere schierati dalla parte giusta, sarebbe sufficiente cambiare il punto di vista e sarebbe umano pure il capo esecutore dello Smersh in Dalla Russia con amore: Donovan Grant, un irlandese mezzo licantropo passato dall’altra parte con il nome Krassno Granitski. No, James Bond è un vero essere umano, e non un umanoide, per ragioni edonistiche o forse addirittura consumistiche: gli piacciono i buoni vini, la buona tavola, oggetti e donne di classe. Cose da raffinati. É un esperto di cultura materiale dell’Occidente industriale nell’esatto momento in cui decolla verso il benessere. In questo senso sono proprio gli “anni Cinquanta” a spiegare l’ingenuo uso del meraviglioso tecnologico come fenomeno da baraccone. Molto rassicurante nel biennio (1957-58) in cui sembrava che i russi avendo lanciato lo Sputnik, potessero avere conquistato la supremazia scientifico, tecnologica e quindi militare.