Le avventure di una criminologa: Julia di Giancarlo Berardi

Sorprende per la ricchezza del racconto l’ultimo albo di Julia. Le avventure di una criminologa uscito a inizio marzo per la Sergio Bonelli Editore. L’angelo vendicatore, infatti, spiazza il lettore per le molte linee narrative messe in gioco, che movimentano la già frenetica vita della criminologa protagonista e, di conseguenza, tutto il microcosmo che ruota attorno a lei. Perché, oltre alle consuete premesse che avviano l’indagine, la vita quotidiana irrompe come raramente prima di ora, con la gatta Toni di cui prendersi cura e un veterinario affascinante e molto sicuro di sé da “allontanare”… Le evoluzioni stupendamente eccessive della governante Emily rientrano nella norma, così come i disaccordi tra Julia e il tenente Webb, ma tutto insieme questo episodio crea un effetto così intriso di dettagli e di vita da dare al longevo fumetto ideato da Giancarlo Berardi 22 anni fa, un’aura diversa, misteriosa e frizzante. Tutti sanno che Julia, organizzata in episodi mensili di 128 tavole, racconta le avventure di Julia Kendall, insegnante di criminologia alla Hollyhock University di Garden City, immaginaria cittadina del New Jersey, che, grazie alla sua specializzazione e alla innata sensibilità, è consulente del Dipartimento di Polizia in casi insoliti e di difficile risoluzione. Nella maggior parte delle indagini, intuito, conoscenza dell’animo umano e senso pratico sono gli strumenti che permettono alla nostra raffinata eroina (ispirata nei tratti a Audrey Hepburn) di arrivare alla conclusione attraverso una maggiore conoscenza del bene e del male.

 

 

Ogni episodio rappresenta un piccolo viaggio nell’ignoto, ogni storia un tassello in più nella comprensione di un personaggio che si racconta in prima persona e, con estrema saggezza, si cela al tempo stesso. Il passato di orfana (i genitori sono morti in un incidente), la vita con l’amata nonna, la sorella modella e sempre assente, la recente relazione con un poliziotto italiano, e poi gli incubi notturni, le lezioni universitarie, la malinconia che affiora nello sguardo. Nulla è scontato e nulla è lasciato al caso, ma spesso si ha l’impressione che le storie in cui è coinvolta professionalmente possano condurci lungo percorsi ben più significativi di una semplice indagine di polizia. Come se questo stratagemma fosse semplicemente la lente d’ingrandimento ideale a vedere i dettagli di un microcosmo che si rivela presto essere il nostro universo, confortevole e al tempo stesso sufficientemente scomodo da spingerci a porci delle domande. Per questo, usciamo dalla lettura dell’ultimo episodio – come di ciascuno dei precedenti – smarriti e appagati: abbiamo ottenuto molte risposte, ma gli interrogativi non sono diminuiti. Una lettura avvincente, condotta con eleganza, in punta di piedi. Senza colpi du scena e seguendo un ritmo antico che fa dell’osservazione delle piccole cose il vero cuore della narrazione e della scoperta.