Lovecraft è uno stato mentale: L’ombra venuta dal tempo, il manga di Gou Tanabe

Il professor Peaslee, docente di economia politica alla Miskatonic University, sembra avere un malore che gli fa perdere conoscenza nel bel mezzo di una lezione. Al suo risveglio sono passati cinque anni. Un intero lustro in cui, ben lontano dall’essere in coma, è stato letteralmente un’altra persona. Un uomo che ha girato il mondo in lungo e in largo nel tentativo di soddisfare una sete di conoscenza che gli è costata il matrimonio e l’affetto della famiglia, di cui gli è rimasto vicino soltanto il figlio Wingate. Il mistero di questi cinque oscuri anni è legato a un’antica razza di esseri estremamente evoluti, e ai predatori che li hanno sterminati nonostante tutti i loro sforzi per difendersi. L’ultimo lascito della grande razza di Yith è un’inquietante rivelazione che riguarda il destino dell’umanità. L’ombra venuta dal tempo, pubblicato da JPop in un cofanetto che contiene due eleganti volumetti  (pag.384, euro 13,80), è solo l’ultimo dei classici di H.P. Lovecraft che il mangaka Gou Tanabe ha adattato riuscendo a centrare in pieno il senso della poetica del maestro di Providence. Le montagne della follia, Il colore venuto dallo spazio, Il mastino e L’abitatore del buio sono le tappe di un percorso che vuole essere, con risultati spettacolari, un vero e proprio dialogo fra due autori che si svolge a distanza di decenni. Lovecraft non ha soltanto dato vita a un universo narrativo straordinariamente complesso, ma è stato in grado di dar vita a una poetica trasversale e totalizzante, una filosofia della narrazione che tocca in profondità tutti gli aspetti dell’arte di narrare.

 

 

Lovecraft è l’attesa, Lovecraft è l’impotenza, Lovecraft è l’incapacità di contenere con i sensi e con la mente un orrore troppo grande, Lovecraft è una concezione dell’uomo ben precisa e niente affatto consolante. L’ombra venuta dal tempo in particolare è un profondo mistero cosmico che dall’orrore puro vira verso la malinconia e la sensazione straziante di qualcosa di perduto, una storia che racconta dell’universo come qualcosa di vasto, sia nello spazio sia nel tempo, di cui qualcosa ci raggiunge come un’eco lontana. E l’uomo in Lovecraft, è curiosità e impotenza, disvela ma non incide, fuga i suoi dubbi ma solo in parte, in un’immensità cosmica che in ogni momento gli ricorda la sua infinita piccolezza. L’adattamento di Tanabe è rispettoso, frutto di un’ammirazione profonda e della capacità di cogliere quest’idea di narrazione totale che piega ogni aspetto del lavoro dell’autore alle sue esigenze, e in tal senso il mangaka non oppone alcuna resistenza modellando i suoi strumenti narrativi sulle atmosfere e sulla filosofia di Lovecraft. Eppure, senza scostarsi dall’ombra del maestro, Gou Tanabe riesce con discrezione ad aggiungere qualcosa, fosse anche solo il valore di un manga ricco di atmosfera e di eleganza.