Mezzo secolo di linus

LINUS-web L’11 aprile si è inaugurata allo Wow Spazio Fumetto di Milano una mostra per i 50 anni della rivista linus, e il giardino adiacente alle sale è stato intitolato a Oreste del Buono. In libreria, un titolo rivelatore come Linus – Storia di una rivoluzione nata per gioco (Rizzoli Lizard) di Paolo Interdonato con prefazione (guarda un po’) di Umberto Eco da qualche giorno occhieggia dagli scaffali pronto a farsi divorare. A brevissimo, un ponderoso cartonato numerato da 600 pagine (50 anni di linus – Tutte le copertine, Baldini&Castoldi) riepilogherà con la sola forza iconica (e sovente critica) le scelte -quasi mai casuali- delle immagini di marca con cui numero dopo numero da mezzo secolo il giornalino si è sempre presentato all’appuntamento coi lettori (fatto salvo il drammatico gap del maggio 2013, quando fu annunciata la sospensione delle pubblicazioni, poi fortunatamente durata due soli mesi). Da una settimana, in edicola, il numero di aprile (il 599) di linus  sfoggia una copertina-monstre di Sergio Ponchione con 118 personaggi (tanti, ma ancora una percentuale minima rispetto a quelli effettivamente pubblicati) che ne hanno fatto la storia e la omaggia anche pantografata in un poster spillato nelle pagine centrali.

 

alterlinus1974_3Intanto, l’Università Cattolica celebra l’evento con una giornata di studi (il 15 aprile), il ComiCon di Napoli a fine mese gli dedica una serie di eventi e anche io (ehm) nel mio piccolo a Cartoomics, il 15 marzo scorso, sono stato fiero di aver condotto per l’occasione un incontro pubblico con l’attuale direttore supremo Stefania Rumor. L, quindi: ma la maiuscola è solo nel senso del 50 latino. Il giubilo è grande, i calici si levano ovunque, e anche la stampa “ufficiale” per una volta non si lascia sfuggire l’occasione. Perché cinquant’anni di pubblicazioni sono un record per chiunque (in Italia possono vantarsene solo Topolino, Tex, Zagor e Diabolik, pilastri dell’immaginario popolare disegnato) e a maggior ragione per una rivista “di fumetti”, considerando anche che la vita editoriale dei suoi un tempo numerosi e inevitabili epigoni (come Eureka o Il Mago, per citare i più fortunati) ha avuto durata e gloria assai più breve. E perché il traguardo ha pochi rivali non solo in Italia, ma nel mondo (tra le riviste, solo la gloriosa Mad, nata nel 1952 e tuttora pubblicata dopo essere stata assorbita dalla DC Comics, può vantare una più duratura permanenza). linus (sempre scritto tutto minuscolo come il suo insuperato logotipo comanda) è però unica e inimitabile: non solo per aver diffuso da noi il verbo di Charlie Brown, Snoopy & Co., ossia i celeberrimi Peanuts di Charles Schulz (nati nel 1950 e fino al 1963 Linus-11-892x501colpevolmente mai presi in considerazione: prima di linus furono pubblicati solo nell’ormai introvabile Arriva Charlie Brown! con prefazione -guarda un po’- di Umberto Eco) e aver sdoganato decine di altre strip americane fondamentali (come B.C., Bristow o il Mago Wiz) ma per aver reso il fumetto, con un’intuizione radicale e davvero “rivoluzionaria”, un affare da adulti. La spina dorsale di un progetto politico nella più cristallina accezione del termine: un osservatorio che partendo dai fumetti (e che fumetti, e che autori: Pogo di Walt Kelly, Dick Tracy di Chester Gould, Popeye di Segar, Jeff Hawke di Sidney Jordan, Li’l Abner di Al Capp) ha saputo cogliere in presa diretta trasformazioni epocali grazie anche alla corroborante iniezione in presa diretta di maestri della satira come Jules Feiffer, Reiser, Wolinski e soprattutto Garry B. Trudeau, che con il suo Doonesbury ha attraversato e castigato interi decenni di amministrazione USA.

 

Oreste del Buono
Oreste del Buono

Una corsa a perdifiato iniziata dal primo direttore Giovanni Gandini, rimasto alle redini della testata fino al 1972, e poi proseguita per quasi un decennio da Oreste del Buono, che da buon “bidello della scolaresca linusiana” (parole sue) seppe non solo consolidare la posizione della rivista quale punto di riferimento e di confronto critico puramente ideologico, ma anche proseguire nell’opera di pubblicazione (o scoperta) dei pesi massimi del fumetto italiano -satirico e non- di ogni tempo. Inutile stilare un elenco: da Guido Crepax a Hugo Pratt, da Milo Manara ad Andrea Pazienza, Luigi Lunari, Pericoli & Pirella, Sergio Staino, Altan, Alfredo Chiappori, Danilo Maramotti, Tuono Pettinato (e ci fermiamo qui consci di aver rappresentato solo in minima parte il cangiante roster di collaboratori), il gotha nostrano dell’ottava musa è transitato per le pagine di linus e ne ha condiviso la gloria affiancandosi in perfetta armonia a quelle strisce che ne sono state da sempre l’elemento caratterizzante. E che strisce, e che scoperte: se Calvin e Hobbes di Bill Watterson o il pinguino Opus di Bloom County di Berke Breathed sono diventati beniamini pop dei lettori italiani è per merito di una ricerca incessante del meglio assoluto nel campo, proseguita anche sotto la direzione di Fulvia Serra prima e di Stefania Rumor poi, e che continua ancora oggi con autentici capolavori come Dilbert di Scott Adams, Cul de Sac di Richard Thompson o il travolgente Perle ai porci di Stephen Pastis. Ma non solo: forse non tutti ricordano che ben prima della storica Editoriale Corno, fu sui supplementi alla rivista (con titoli/gadget come provolinus, skylinus, pasqualinus, linuspring) che apparvero i Fantastici Quattro di Stan Lee e Jack Kirby; che il Charlie Hebdo assurto qualche mese fa a tristi onori di cronaca deve il suo nome a una rivista gemella (Charlie, appunto: stesso formato, stessa grafica, stessi caratteri di copertina) uscita in Francia nel 1969; che per dodici lunghi e meravigliosi anni a partire dal 1974, sulla rivista spin-off alterlinus (poi alteralter) trovarono uno spazio di elezione capolavori come l’Ulisse di Lob e Pichard, lo Scimmiotto di Silverio Pisu e Milo Manara, il classico noir Alack Sinner di Muñoz e Sampayo, la saga degli Scorpioni del Deserto di Pratt, il Moby Dick di Dino Battaglia, Ossigeno di Scozzari e soprattutto la serializzazione di Le straordinarie avventure di Pentothal di cover_LinusaprileAndrea Pazienza, i primi passi dello storico gruppo Valvoline così come le prime promanazioni, Moebius in testa, di un’altra rivista non meno epocale e “sovversiva” come Métal Hurlant. O che, in uno degli anni più caldi della vita politica italiana del dopoguerra (il 1977), linus sparò anche un supplemento interno staccabile “militante” e giovanile (l’uno: originariamente concepito come settimanale a sé e poi inglobato nella testata-madre) quasi completamente privo di immagini ma ricco di idee, polemiche, proclami e utopie. O che per tredici anni (dal 1979 a tutto il 1991) il suo formato UNI diventò tascabile (prima spillato e poi brossurato) per poi tornare “grande” (e ambientalista: veniva stampato su carta riciclata) e successivamente ancor più “importante” nel suo formato “quadrotto” che dura a tutt’oggi.

 

Né ci si può dimenticare che, oggi come ieri, non solo fumetti e “politica” linus ha offerto e continua a offrire: sulle sue pagine si è sempre parlato e si continua a parlare anche di arte, (altri) fumetti, musica, teatro, cinema, enigmistica/matematica, economia, sport e letteratura (con un “osservatorio” che da anni pubblica racconti di giovani scrittori, esordienti e non, sovente diventati “casi”). Una collezione completa di linus (e parecchi dei suoi lettori la possiedono: il livello di fidelizzazione è altissimo) rappresenta tante cose: una vera e propria enciclopedia del fumetto d’autore, per esempio; ma anche una storia critica e trasversale della annunci_36117_11Repubblica più attendibile ed emozionante e dentro le cose di tanta pubblicistica ammuffita o di troppi libri scritti troppo in fretta. O anche solo una nicchia calda all’interno della quale continuare a rifugiarsi malgrado i dubbi, le incertezze, le nevrosi/necrosi di quello che una vecchia réclame definiva “il logorio della vita moderna”: in un’epoca in cui la modernità sembra misurarsi solo con l’immateriale, continuare ad avere questa coperta fatta di carta, questo infinito patchwork di segni che ancora dopo mezzo secolo si arricchisce di nuovi elementi, rappresenta una speranza ancor prima che una certezza.