Né a Dio né al Diavolo, l’urban fantasy di Aislinn fra paura e desiderio

Character driven, in termini di narrazione, significa che il motore della storia sono i personaggi. Non che la trama debba sparire, talvolta succede ma non è necessario, tuttavia il fulcro dell’opera sono, nella fattispecie, i personaggi, in una maniera che va oltre le semplici esigenze di funzionamento. Aislinn, autrice di punta della scena urban fantasy italiana, con il suo ultimo romanzo lavora in questo senso ma non si limita a premere l’acceleratore. Ci mette sopra un mattone e corre rombando a tutta velocità lungo l’autostrada delle emozioni, delle paure, dei desideri e delle ferite più dolorose di un gruppo di personaggi su cui fa un lavoro di approfondimento smodato e viscerale. Né a Dio né al Diavolo (Gainsworth Publishing, pag. 464, euro 20) è un atto d’amore, e talvolta di rabbia, verso creazioni letterarie per le quali l’autrice esprime le proprie forti emozioni con una scrittura di pancia, per quanto pulita, che non lascia spazio a equivoci pur evitando accuratamente, e con evidente perizia tecnica, il facile melodramma. Il meccanismo del gioco è semplice: a Biveno, il paese immaginario presso cui si svolge la vicenda, le vite di un gruppo di ragazzi come tanti altri si mescolano con quelle di vampiri con una storia di secoli alle spalle in una reazione esplosiva ricca di sangue, dramma, amore e morte. Tutto qui, più o meno. Ma non è che serva altro. Diretto, lineare e di un’emotività potente, Né a Dio né al Diavolo non ha bisogno di essere altro, mette in scena dei personaggi forti, tutti nessuno escluso, e li lascia lavorare, ed è quello che loro fanno. Interagiscono fra loro, lasciando che la storia si scriva praticamente da sé, e catturano il lettore che li ama, li odia, si incazza con loro e per loro ha paura ma non può negare che qualcosa, fra l’inguine e lo stomaco, s’è mosso. Il lavoro di Aislinn è coraggioso, una lettura superficiale rischia di farla stupidamente classificare come un epigono di Anne Rice quando, in realtà, l’autrice è in grado, con la sua voce personale e profondamente sentita, di rileggere e modernizzare un canone fra i più sfruttati della letteratura moderna e contemporanea. Senza tanti fronzoli, un cazzotto al fegato e uno al cuore.