Al Festival dei Popoli si omaggia Sergei Loznitsa

L’omaggio al regista ucraino Sergei Loznitsa sarà uno degli eventi della 60esima edizione del Festival dei Popoli, il festival internazionale del film documentario, che si terrà a Firenze dal 2 al 9 novembre. Il festival dedica a Loznitsa un programma speciale, con masterclass e retrospettiva di opere scelte tra i documentari e i film a soggetto, che comprenderà il suo nuovo lungometraggio State Funeral – presentato Fuori Concorso alla Mostra del Cinema di Venezia – sul funerale di Stalin (con filmati d’archivio unici e in gran parte inediti).  L’ucraino Loznitsa ha ritratto la provincia russa con i suoi primi cortometraggi, mettendo poi a nudo i paradossi e le storture della dittatura sovietica attraverso la serie di documentari nati dall’esplorazione dell’Archivio Documentario di San Pietroburgo, seguitando il racconto della Russia moderna anche nelle sue opere di finzione, fino ad affrontare le tragiche vicende della guerra russo-ucraina. I suoi film sono stati proiettati e premiati dalle più autorevoli istituzioni del mondo, valendogli numerosi premi e riconoscimenti tra i quali il Premio per la Miglior Regia di Un Certain Régard a Cannes 2010 e il Premio per il Miglior Lungometraggio al Festival dei Popoli 2014 grazie a Maidan, palpitante cronaca dei 90 giorni di proteste contro il regime del presidente ucraino Yanukovich.

 

 

“La morte di Stalin ha significato la fine di un’epoca. Senza nemmeno rendersene conto, i milioni di persone che piangevano il leader nel marzo 1953, stavano anche vivendo un’esperienza epocale nelle loro storie personali. È per me fondamentale condurre lo spettatore in questa esperienza non come imparziale osservatore di un evento storico o un cultore di rare riprese d’archivio, bensì come partecipante e testimone di uno spettacolo grandioso, terrificante e grottesco, che rivela l’essenza di un regime tirannico. Considero questo film uno studio visivo sulla natura del culto della personalità di Stalin e un tentativo di smontare il rituale che era parte delle fondamenta del regime sanguinoso. È impensabile che oggi, nella Mosca del 2019, 66 anni dopo la morte di Stalin, migliaia di persone si riuniscano il 5 marzo per deporre fiori e piangerlo. Penso che sia mio dovere di regista sfruttare il potere delle immagini documentaristiche per fare leva sulle menti dei miei contemporanei e cercare la verità”.