Angels in America: il passato che parla del presente

È il 1991 quando per la prima volta va in scena a San Francisco Il millennio si avvicina, seguito l’anno successivo da Perestroika (che debutta a Los Angeles). Inizia così il fortunato cammino di Angels in America. Fantasia gay su temi nazionali, opera pluripremiata di Tony Kushner, osannata dalla critica e amata dal pubblico, che nel 2004 viene trasposta sul piccolo schermo da Mike Nichols vincendo cinque Golden Globe e undici Emmy Awards. Considerata come «a turning point in the history of gay drama, the history of American drama, and of American literary culture» (John M. Clum), diventa subito opera di culto perché riesce a restituire con forza e immediatezza un periodo storico cruciale come quello di metà anni 80 in cui l’Aids era vista come la peste del nuovo millennio e Ronald Reagan imperversava alla Casa Bianca con le sue politiche conservatrici.
In Italia lo spettacolo arriva grazie a Ferdinando Bruni e Elio De Capitani che, nel 2007 e nel 2009, mettono in scena le due parti conquistando i maggiori riconoscimenti teatrali. Oggi, Angels in America viene riproposto con un cast in parte rinnovato e molto azzeccato: agli “storici” Elio De Capitani, Ida Marinelli, Cristina Crippa, Sara Borsarelli e Umberto Petranca, si affiancano le “nuove leve” Angelo Di Genio, Giusto Cucchiarini, Giulia Viana e Alessandro Lussiana.

 

Insieme sociologica, culturale e politica, Angels in America è un’opera corale per nove personaggi che mette al centro la storia di due coppie: da una parte Prior che viene lasciato dal fidanzato Louis incapace di affrontare la sua malattia, dall’altra il giovane avvocato Joe Pitt e la moglie Harper, valium dipendente e depressa da quando ha intuito l’omosessualità del marito. Anticipando il meccanismo della costruzione delle serie tv, Kushner intreccia con quelle dei protagonisti le storie dell’avvocato ultraconservatore Roy Cohn, dell’infermiere ex travestito Belize e di Hannah, la rigida madre mormone di Joe, personaggi che nel corso della narrazione evolvono. Il tutto accompagnato da visioni, sogni, presenze fantasmatiche che con forza irrompono in scena, creando un mondo surreale di grande impatto visivo che attinge a piene mani alla religione (su tutti l’angelo, tormento ed estasi per il profeta Prior) o al passato dei protagonisti (gli avi di Prior, ma soprattutto Ethel Rosenberg).

 

 

Ambientata nel 1985 (con un epilogo nel 1990), la pièce rischia di apparire a tratti datata soprattutto per gli aspetti millenaristici o i riferimenti alla politica del tempo (si parla di edonismo reganiano, di Gorbaciov, della caduta del Muro di Berlino…), ma rimane un’opera fondamentale che continua a parlare del nostro tempo, di omofobia, di identità e anche di ecologia. Come farà anche Don De Lillo di lì a poco in Underworld, Kushner mischia personaggi di finzione a personaggi realmente esistiti. Alla Festa del Cinema di Roma è appena stato presentato il documentario Where’s My Roy Cohn? di Matt Tyrnauer, incentrato sul potente avvocato omofobo morto di Aids nel 1986 (interpretato dal grandissimo Elio De Capitani e nella miniserie tv da Al Pacino). Cohn nel 1951 fu uno dei procuratori che condannò a morte Julius e Ethel Rosenberg e, successivamente, fu uno dei consiglieri più attivi del senatore Joseph McCarthy nella “caccia alle streghe”. Tra i suoi clienti ci furono Aristotele Onassis, Rupert Murdoch, svariati boss mafiosi, ma soprattutto l’attuale presidente degli Stati Uniti. Il titolo del documentario fa infatti riferimento alla frase pronunciata da un Donald Trump che rimpiange le consulenze legali del suo storico avvocato, in occasione delle indagini sulle interferenze russe nelle elezioni del 2016. Un manipolatore che ha contribuito a plasmare non poco l’attuale politica americana. Come sempre, la storia si ripete.

 

[foto Laila Pozzo]

Milano, Teatro Elfo Puccini, fino al 17 novembre