A Roma la grandezza di Troisi poeta Massimo

Troisi poeta Massimo è organizzata e promossa da Istituto Luce-Cinecittà con 30 Miles Film, in collaborazione con Archivio Enrico Appetito, Rai Teche, Cinecittà si Mostra. L’esposizione, a cura di Nevio De Pascalis e Marco Dionisi e la supervisione di Stefano Veneruso, rimane aperta (a ingresso gratuito) al Teatro dei Dioscuri al Quirinale di Roma fino al 30 giugno 2019. Troisi poeta Massimo, è un percorso tra  fotografie private, immagini d’archivio, locandine, audiovisivi, installazioni audio-video, e carteggi personali inediti che condurranno il pubblico nell’animo di Massimo. Filo conduttore della mostra, il lato più sensibile e intellettuale: Massimo è stato un poeta senza definirsi tale, ha scritto poesie già in tenera età per ritagliarsi spazi d’intimità negati da una famiglia numerosissima e ha chiuso il cerchio con Il Postino, film in cui la poesia non è solo testo, ma anche e soprattutto un modo di vivere, di vivere poeticamente. L’esposizione è suddivisa in cinque ambienti, che snodano il percorso umano e artistico di Troisi in sequenza cronologica. La prima sala racconta l’infanzia e la vita familiare di Massimo. La nascita a San Giorgio a Cremano il 19 febbraio 1953, in una casa divisa con genitori, cinque fratelli, nonni, zii e rispettivi figli, un gruppo di 16 persone da cui nascerà uno spiccato senso di comunità e, per dirla con Troisi, la capacità di essere vittima di attacchi di solitudine in ambienti con meno di quindici persone. Lo spazio presenta preziose foto inedite familiari, come quella del neonato Massimo, cresciuto a robuste dosi di latte in polvere, la cui prima notorietà nazionale sarà una foto a due anni per la pubblicità del latte Mellin! Seguono le foto della prima basilare esperienza nello spettacolo: quella del Centro Teatro Spazio. Un garage al 31 di via San Giorgio Vecchio, adattato a teatrino, che sarà il nucleo di momenti chiave: le prime farse scritte da Massimo all’inizio dei ’70, con la compagnia ‘RH negativo’, su temi sensibili come le donne, la politica, la Chiesa, la religione, l’aborto, i dilemmi della generazione; l’incontro con Lello Arena e Enzo Decaro; la mitologica calzamaglia nera, accompagnata dal cravattino bianco, che Troisi – incrocio in negativo tra Pulcinella e Charlot – abbandonò solo dopo anni. In apertura un ritratto di Massimo Troisi di Pino Settanni.

 

I ragazzi del Centro Teatro Spazio negli Anni 70. Dall’archivio della famiglia Troisi.

 

La sala procede con le foto, le locandine, i documenti dedicati a La Smorfia, il gruppo Troisi-Arena-Decaro che dal 1977 al 1980 incendierà locali, discoteche, trasmissioni televisive e infine i grandi teatri italiani, con una comicità dialettale capace di toccare tutta una nazione. Quella che Decaro ha definito la ‘napoletanità’, e una capacità di essere dentro una tradizione comica forte ma rivoluzionandola da dentro, dimostrava di conquistare il pubblico d’Italia. Il visitatore trova qui alcuni momenti irripetibili del teatro comico italiano: foto dagli sketch (La Guerra, Troisi in panni di pia donna ne L’Annunciazione), la locandina dello spettacolo al Teatro Tenda di Roma, ‘dal 3 all’8 aprile’ 1977: a forza di repliche e richieste La Smorfia ci restò per 82 giorni. E ancora documenti, riviste, immagini da mandare a memoria. E i primi spazi multimediali della mostra: due totem per vedere e ascoltare le interviste realizzate appositamente per Troisi poeta Massimo a persone a lui vicine: amici, affetti, colleghi. Testimonianze che rivelano aspetti personali e alcuni inattesi dell’uomo e dell’artista. A raccontarcelo troviamo il nipote e collaboratore Stefano Veneruso, Enzo Decaro, la compagna, amica, co-sceneggiatrice Anna Pavignano, Gianni Minà, Carlo Verdone, Massimo Bonetti, Gaetano Daniele amico d’infanzia e produttore, Renato Scarpa, Massimo Wertmüller, Marco Risi.

 

La Smorfia archivio di Enzo Decaro

 

La seconda sala ci racconta La Smorfia in TV, ossia un’epifania, il momento in cui davvero tutta Italia si accorse di questo fenomeno. Cominciò con Non Stop di Enzo Trapani, una trasmissione divenuta mitica, che lanciò nomi come Carlo Verdone e gruppi come I gatti di Vicolo dei Miracoli, i Giancattivi, (cioè i laboratori dei più grossi successi del cinema degli anni ’80). La terza sala ci porta dentro il cinema di Massimo Troisi. Con foto dei set, locandine, documenti, due touchscreen per vedere interviste ad attori e registi, la sala grande dei Dioscuri racconta il percorso dal successo inatteso e irresistibile di Ricomincio da tre (1981) all’incanto postumo e planetario de Il postino (1994). Troisi si è sempre sentito a disagio a definirsi regista o autore. In questa sala vediamo quale ricerca ci sia dietro la sua evoluzione registica. Vediamo un precisarsi di scrittura e temi nel rinnovato successo di Scusate il ritardo (1983) con un antieore generazionale. Vediamo lo spostarsi in tempi storici, dal picaresco ‘1400-quasi millecinque’ di Non ci resta che piangere (1984) a fianco di Roberto Benigni (e bastano le foto in mostra a far ridere) al fascismo di Le vie del Signore sono finite (1987). Al passaggio fondamentale attraverso e con Ettore Scola in tre film: Splendor (1988) e Che ora è (1989), dove le immagini a fianco di Marcello Mastroianni suggeriscono quasi un passaggio di testimone e una parentela tra attori, e Il viaggio di Capitan Fracassa (1990), con immagini splendide di Troisi-Pulcinella. Un ultimo spazio è dedicato alla proiezione di parti inedite del backstage che Stefano Veneruso ha realizzato durante le riprese de Il postino. Un controcampo toccante dell’atmosfera di divertimento, poesia e complicità vissuta sul set da Troisi con Philippe Noiret, Renato Scarpa, Maria Grazia Cucinotta, il regista Michael Redford, i collaboratori storici.

Sul set de “Le vie del Signore sono finite”. Archivio Appetito

 

Con Philippe Noiret in“Il postino”. Archivio Appetito