A Torino Around Ai Weiwei. Photographs 1983-2016

Curata da Davide Quadrio (con la collaborazione di You Mi, curatore aggiunto e Ryan Nuckolls, ricerca e coordinamento in Cina), fondatore di BizArt a Shangai, e letteralmente il primo a parlare in Cina di sperimentazione, la mostra Around Ai Weiwei. Photographs 1983-2016 (fino al 19 febbraio a Camera, Centro Italiano per la Fotografia di Torino) è dedicata ai diversi momenti del percorso dell’artista cinese, andando a indagare la sua ricca e caleidoscopica produzione fotografica (ma lui ha prodotto sculture, installazioni, video, ha collaborato con gli architetti più famosi del mondo, oltre ad essere un attivista estremamente pungente sui temi della lotta per la libertà di espressione e non solo). Dagli esordi fino ai giorni nostri non ha mai smesso di esercitare la sua ricerca artistica, che si tocca con mano nelle opere esposta a Camera. “In un panorama di mostre che presentano le opere monumentali di Ai Weiwei abbiamo concepito questo progetto – racconta il curatore Davide Quadrio – espressamente per ri-orientare lo sguardo del pubblico verso gli elementi documentari che circondano la vita dell’artista, in quanto testimonianze del suo affascinante viaggio come uomo, creatore e attivista. Per i più, Ai Weiwei è ormai un prodotto globale di origine cinese.”

 

 

La prima opera che il visitatore incontra all’ingresso del percorso è chiamata Soft Ground, un tappeto lungo 45 metri con una riproduzione fotografica in scala 1:1 delle tracce lasciate da carri armati su una carreggiata a sud-ovest di Pechino e che ricordano quelle lasciate dai carri inviati a Piazza Tiananmen durante le proteste del 1989. Lungo il muro, alla destra del tappeto, una serie di fotografie dal titolo New York Photographs rappresentano la vita dell’artista a New York. Si tratta di 80 scatti, selezionati tra gli oltre 10.000 della serie, in una sequenza di momenti privati e incontri che l’artista fece quando visse negli Stati Uniti dal 1983 al 1993. Da questo momento in poi il visitatore sarà portato attraverso lo sviluppo dell’arte di Ai Weiwei in modo cronologico, e per capitoli tematici. I video Chang’an Boulevard e Beijing: The Second Ring descrivono lo scenario della capitale cinese nei primi anni 2000 in cui si documenta, attraverso riprese di paesaggi urbani e frammenti di vita, le radicali trasformazioni che hanno investito Pechino nella sua vertiginosa metamorfosi. Tra i video compare anche l’intervista condotta da Daria Menozzi, Before Ai Weiwei (1995) che mostra l’artista coinvolto in un dialogo intimo, offrendoci così uno scorcio dei primi anni del suo ritorno in Cina dopo il soggiorno newyorkese. Questo documentario pressoché inedito conferma il decisivo contributo di Ai Weiwei all’interno del discorso intellettuale, culturale e artistico nella Cina degli anni Novanta, rivelandoci anche l’essenza del suo pensiero e della sua attività artistica durante quel periodo.

Ai Weiwei, Beijing Photographs 1993-2003, Last dinner in East Village , 1994.

L’approccio fotografico è quello che mira a mettere in evidenza l’urbanistica e l’architettura dell’epoca con Beijing Photographs 1993-2003 serie inedita di fotografie in cui si ritraggono la vita, le azioni e l’entourage di Ai Weiwei appena prima del rapido processo di trasformazione che avrebbe reso Pechino la città globale di oggi. Lo spiccato autobiografismo delle opere in mostra è messo in evidenza anche da una selezione non fotografica che accompagna la mostra, in cui una serie di sculture sono chiamate a diventare simboli dello svolgersi della vita di Ai Weiwei nel corso di quarant’anni: readymade e opere in porcellana a rappresentare le molteplici capacità e le ricche sfumature espressive che l’artista utilizza. Ogni scultura si manifesta come punto di riflessione, come una sospensione del tempo. Quando si arriva all’ultima sezione, infine, si è accompagnati a scoprire in anteprima uno degli ultimi progetti di Ai Weiwei: Refugee Wallpaper, ovvero 17.000 immagini scattate da Ai durante il suo continuo contatto con l’emergenza rifugiati che si sta dispiegando in Europa, in Medio Oriente e altrove. Opera monumentale per quantità e significato, che si interroga sulle devastanti analogie del mondo contemporanea. All’interno dei confini sempre più fragili, il dramma della migrazione diviene spettacolo come tutto il resto. con la collaborazione di You Mi, curatore aggiunto e Ryan Nuckolls, ricerca e coordinamento in Cina. Impossibile non parlare dell’immagine guida scelta dall’artista, che da sola riesce a riassumere e illustrare la mostra. Si tratta di una fotografia scattata nel 2003 dal titolo The Forbidden City during the SARS Epidemic e mostra l’artista solo nella Città Proibita, svuotata dall’epidemia che ha isolato la Cina dal resto del mondo per sei mesi e che ha trasformato in città fantasma moltissimi villaggi e cittadine.