Ana Lily Amirpour: The Bad Batch è come una favola

In concorso alla Mostra del Cinema una storia d’amore cannibalesca, un western distopico con venature horror/splatter. È l’opera seconda di Ana Lily Amirpour, regista statunitense di origini iraniane, già autrice dell’horror vampiresco A Girl Walks Home Alone at Night. Nel cast oltre alla modella e attrice inglese Suki Waterhouse, Jim Carrey che interpreta una sorta di buon samaritano muto, Keanu Reeves, a capo della città di Comfort e circondato da un harem di donne da lui ingravidate e Diego Luna, resident DJ della stessa cittadina.

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L’ambientazione del film

Amo l’America, ma le cose che amo non sono quelle perfette. Il film è come una favola, una storia d’azione ambientata nel deserto, è un viaggio, un’avventura, un sogno, senza alcuna fedeltà al mondo reale. Poi, c’è qualcosa di questa realtà che è collegata al luogo e, sicuramente, la location di un film gli dà carattere. C’è una zona, in questo deserto della California, abitata da una comunità di persone che vivono lì senza regole. Il posto viene definito Slab City, sono stata con loro un po’ di tempo e il 90% dei locali ha partecipato in veste di attore al film. Sono persone alla deriva, non le ho dirette, lasciavo che parlassero liberamente e che Keanu parlasse loro. Comunque le comunità dei reietti si possono trovare dappertutto.

 

Jim Carrey

Penso sia la prima volta che non dice una parola in un film. È un personaggio fondamentale perché salva due persone, è il simbolo della gentilezza in un ambiente così duro. Quando ho pensato al suo personaggio, ho pensato che quello era proprio il tipo di persona che ignoreresti se lo incontrassi all’angolo di una strada. È come essere i due lati della stessa medaglia, perché quando sei molto famoso, nessuno vede chi sei in realtà.

 

I personaggi

In certa misura mi sono identificata con tutti i personaggi. Sicuramente ho cercato di capire chi sono io. Penso che per arrivare al nocciolo di te stessa devi sempre toglierti degli strati, spogliarti di qualcosa, devi devastarti, in qualche maniera, per essere in grado di rivalutarti.

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Le influenze

Ho sempre amato il western in generale e gli spaghetti-wester in particolare, fanno parte del mio dna. Per questo film in particolare, ci sono due tipolgie di personaggi che non sono per niente in sincronia l’uno con l’altro. Potrei dire di essere stata influenzata da All’inseguimento della pietra verde, La storia infinita, La storia fantastica e El Topo.

 

La musica

Spiegare come scelgo la musica è come spiegare come faccio sesso. Ciascuno di noi ha della musica che gli fa da colonna sonora e c’è un modo diverso di reagire alla storia. Quando abbiamo cominciato le riprese la colonna sonora era quasi completa, non del tutto perché poi le cose cambiano e il film è una cosa viva, ma faccio sempre una o più colonne sonore e ogni attore la riceve insieme al copione. Quando siamo sul set sentiamo musica.

 

Lo stile

Cerco di fare del cinema che seduca il mio interno, che mi prenda la pancia.

 

La violenza

La violenza c’è in così tante cose, trovo assurdo che mi si domandi se ho bisogno di rappresentarla. Va bene avere una sensibilità diversa, ma credo che nessuno voglia eliminare la violenza dai film. Se qualcuno vuole farlo, posso solo dire: “Buona fortuna”.