Il Dream Team Streep-Hanks-Spielberg racconta The Post

Luglio 1971: un analista decide che è tempo di rendere pubblici i documenti segreti che il Segretario di stato aveva voluto fossero raccolti sulla Guerra del Vietnam. I Pentagon Papers dicevano che 5 presidenti, pur sapendo che lo sforzo bellico era inutile, avevano continuato a mandare ragazzi americani a morire nel Sud Est asiatico. Più altre malefatte. Tutte anticostituzionali. I rapporti arrivano al New York Times che li pubblica per tre giorni (sono tantissimi!), ma poi viene bloccato. Dalla Casa Bianca. A quel punto spunta il Washington Post che, guidato dall’editrice Katharine Graham e dal direttore Ben Bradlee, decide di pubblicarli. La Casa Bianca proverà a fermarli. Alla Corte d’Appello ci riuscirà. Loro arriveranno fino alla Corte suprema…  41 nominations e 8 Oscar sono venuti a Milano a presentare The Post: sono le 5 candidature e 2 i premi vinti da Hanks; 16 e tre premi portati a casa da Spielberg; poi c’è Meryl Streep 20 nomination e 3 Oscar vinti.

 

The Post è un film sulla libertà di stampa. Sulla libertà dei giornalisti che è la garanzia della nostra, di cittadini”, dice Steven Spielberg. È un film in crescendo, The Post: tanto che alla fine vorresti ti dicessero che stanno già lavorando al sequel. In realtà il sequel c’è già: è ovviamente è Tutti gli uomini del presidente e racconta (con Dustin Hoffman e Robert Redford), il seguito della storia. Dai Pentagon Papers allo Scandalo Watergate, con il Washington Post (sempre lui) che riesce a far cadere il presidente (Richard Nixon)…”The Post è un film su degli uomini che hanno preso la decisione di andare contro il loro governo, di rendere pubblici dei documenti segreti che dimostravano come ben 4 presidenti passati avessero mentito al popolo americano, sacrificando ciascuno migliaia di ragazzi. Aggiungete quello in carica, Richard Nixon, che non voleva prendere la decisione di dichiarare che gli Usa potevano perdere una guerra”, dice Tom Hanks.

 

 

È un film su una donna che non era una ribelle giovane e femminista, ma una signora della Washington dei salotti legati al potere, una cresciuta con l’idea che a un certo punto della cena le mogli dovevano alzarsi e lasciare ai mariti la libertà di parlare di politica e cose ‘serie’. Eppure senza questa donna tutto quello che racconta il film non sarebbe successo. The Post è un inno alla presa di coscienza femminile. Al fatto che una donna, la prima a capo di un grande giornale americano e che poi ha vinto il Premio Pulitzer con le sue memorie, capisca quello che può fare, decida di occupare il posto che le spetta e che la società le nega”, dichiara Meryl Streep. Ricordatevelo, quando la vedrete sfilare, alla fine del fim, tra una folla che è soltanto di donne…

 

I tre si passano la parola con naturalezza. Tom Hanks è il più ironico: “Io e Meryl non avevamo mai lavorato insieme perché, come dice lei, fino a poco fa alle attrici era permesso solo di ballare. E io non sono mai stato bravo a chiedere alle donne di danzare con me”.  Steven Spielberg è più riflessivo. Nel film riesce a illuminare come fosse ET perfino una normalissima stampante, e a far viaggiare dal basso verso l’alto la colonna dei giornali appena stampati… “Quando il New York Times fu bloccato, fu davvero la prima volta nella storia americana che il potere andava contro il Primo Emendamento della nostra costituzione, quello che tutela ed esalta la libertà di espressione. Era successo solo durante la Guerra civile, ma mai in tempo di pace. Ed è una prima volta anche per me. La prima in cui il nucleo emotivo di un mio film è una donna. Katharine Graham/Meryl Streep è davvero la protagonista assoluta. È lei il boss. Lui le fa capire cosa può fare, andando contro quei limiti che gli uomini avevano imposto sul lavoro e nella società. A lei e a tutte le donne. Ma è lei che decide che il giornale uscirà coi Pentagon Papers…” La sua Katharine Graham cambia faccia, man mano passa dai salotti alle stanze del potere. Quello vero. “Nei giornali, all’epoca, c’erano solo uomini bianchi. Le donne erano segretarie o si occupavano delle rubriche di moda e casalinghe. Lei ebbe il coraggio, in questa storia che ne è zeppa, di diventare una delle persone più potenti dei suoi tempi. È bellissimo il rapporto tra lei e il suo direttore: lui aveva la vanità di voler fare come il New York Times anche senza averne la potenza e soprattutto il prestigio. Il Washington Post, all’epoca, era un giornale locale, secondo anche nella sua stessa città. Ben Bradlee voleva fare cose grandi e passò questa sua fame anche a lei. Insegnandole a voler essere più di quanto il mondo le permettesse”. Tom Hanks definisce il suo personaggio “un mastino”.

 

 

Alla fine, confessano che il film è dedicato alla regista Nora Ephron, la sceneggiatrice di Harry ti presento Sally…, amica di tutti e tre che ripeteva a Hanks & Streep che avrebbero dovuto recitare insieme, e li teneva uniti “anche se Tom stava a Los Angeles e io a New York”, dice Meryl. In The Post vedrete anche oggetti da museo della professione giornalistica: rotative, il famoso “tubo” che risucchiava la posta, i caratteri con cui si stampava, i ragazzini di bottega, gli stagisti in redazione, le macchine da scrivere, le infinite copie di giornali che uscivano ancora “calde” e venivano spedite nelle nostre mani. Non c’è elettronica. I telefoni sono a gettoni. C’è spazio perfino per le matite che tremano sulla scrivania, quando partono le rotative…Eppure, guardandolo, pensi a oggi. Spielberg “scherza” sulla coincidenza dei numeri: “1971/2017… Guardi Nixon che vuole bloccare la pubblicazione dei Pentagon Papers e pensi alla stampa di oggi, minacciata da un altro presidente, oltre che dalla disinformazione e dalle accuse strumentali di produrre solo fake news“. Meryl Streep: “Lo stesso discorso vale anche per le donne. La sceneggiatura di questo film è stata acquistata dalla produttrice Amy Pascal una settimana prima delle elezioni, quando pensavamo che avremmo avuto la prima donna presidente. A quel punto The Post sarebbe stato un semplice racconto su quanta strada avevamo fatto dal 1971 a oggi.  Ma ha vinto Donald Trump che invece che una medaglia d’onore (Obama ha premiato Hanks e la Streep ndr) a gente come me e Tom Hanks al collo vorrebbe mettere ben altro… E questo film è diventato un racconto importantissimo sulla strada che non abbiamo fatto… Però sono ottimista, oggi le donne sono forti e unite: c’è voluto che Hollywood denunciasse i suoi scandali sessuali perché tutto venisse finalmente a galla. Hollywood, il cinema, ancora una volta ha fatto da apripista “.

 

 

Anche Steven Spielberg la pensa allo stesso modo: “La battaglia dei sessi non finirà. Perché il problema delle donne sono gli uomini che non sanno accettare un no come risposta. Durante la Seconda guerra mondiale le donne hanno portato avanti l’economia americana e hanno garantito la sopravvivenza della democrazia occidentale. Poi però, quando gli uomini sono tornati dalla guerra, loro si sono rinchiuse di nuovo in cucina. Non hanno capitalizzato il ruolo che avevano conquistato: perché? Non ho abbastanza conoscenze per poterlo dire. Non ho un talk show seguito da milioni di persone. Non so dare le risposte che la gente si aspetta. Però so che le donne sono capaci di essere degli ottimi leader, proprio come Katharine Graham. Quello che vorrei è che sapessero dirci più fuck you, quando ce lo meritiamo”