Paolo Sorrentino: The Young Pope, un lungo film di 10 ore

I primi due episodi della serie scritta e diretta da Paolo Sorrentino sono stati presentati fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia. Dieci gli episodi interpretati da un cast di stelle: Jude Law (Lenny Belardo, il bel papa quarantasettenne che si chiama Pio XIII), Silvio Orlando (il cardinale Voiello, segretario di Stato), Diane Keaton (suor Mary, la religiosa che ha cresciuto Lenny in orfanotrofio), Cécile de France (responsabile del merchandising legato alla figura del Papa), Ludivine Sagnier (Esther, la religiosissima moglie di una guardia svizzera) e ancora James Cromwell, Scott Shepherd, Javier Cámara, Toni Bertorelli e molti altri (c’è pure un’immagine di Gonzalo Higuaín con la maglia del Napoli). Co-produzione internazionale tra Italia, Regno Unito, Stati Uniti, Francia e Spagna, è trasmessa nel nostro Paese su Sky Atlantic.

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Le possibili reazioni del Vaticano

È un problema del Vaticano, non mio. Ma non è neanche un problema, perché se avranno la pazienza di vedere la serie fino in fondo capiranno che è un lavoro che affronta e indaga con curiosità e onestà, senza nessuna voglia di fare sterili provocazioni o mostrare nessuna forma di pregiudizio o di intolleranza, un mondo ampio, ricco di contraddizioni, difficoltà, ma anche aspetti affascinanti che ruota attorno al clero, alle suore e a un prete un po’ diverso dagli altri che è il Papa. Naturalmente con dei limiti, perché 10 ore non sono ancora sufficienti per farlo…

 

La scrittura di una serie tv

È avvenuta in collaborazione con Rulli, Grisoni e Contarello. È molto difficile, impegnativo, ma anche estremamente eccitante lavorare su una dilatazione così ampia perché si ha la possibilità di approfondire molto i personaggi e di concedersi delle digressioni che al cinema si tende a censurare per ragioni di tempo. Inoltre, penso di aver dovuto tener conto, molto più di quanto faccio normalmente nei film, di una tenuta narrativa, quindi c’è molta più storia e narrazione rispetto ai film. Un’altra cosa che ho provato a fare è trasferire nella serie televisiva certe sintesi che si usano al cinema perché questo aspetto non sempre è presente nelle serie – e mi riferisco anche a quelle molto belle, che ci piacciono tanto, poi tendiamo a dimenticarle perché tutto il peso è spostato sulla forza della narrazione, come se mancassero di momenti di sintesi molto alta come invece avviene nel cinema. Considero The Young Pope un lungo film di quasi dieci ore, ovviamente tenendo conto di alcune regole basilari su come finisce una puntata e come ne comincia un’altra.

 

La produzione

Ho potuto fare questo lavoro con tutta la libertà di cui avevo bisogno e anche con tutto il budget di cui avevo bisogno e questo è merito dei numerosi produttori.

 

Higuaín

La Chiesa si occupa con una certa frequenza di fede e tradimento, quindi mantenere Higuaín con la maglia del Napoli aiuta a ricordare questi due concetti.

 

L’ordine delle cose

Il Papa che abbiamo trattato noi è diametralmente opposto a quello esistente perché potrebbe accadere, anzi è nell’ordine delle cose e delle possibilità, che dopo un Papa più liberale ne venga uno che ha idee diverse, quindi penso sia abbastanza illusorio credere che la Chiesa abbia avviato un lunghissimo cammino verso la liberalità. Quindi il nostro Papa non è inverosimile, ma in un futuro non si sa quanto lontano, potrebbe essere estremamente verosimile.

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Venezia

È una città che esercita un fascino irresistibile sotto molti aspetti, non ultimo quello visivo, su di me, quindi ho deciso di filmare di nuovo piazza San Marco. Non ero del tutto convinto di come l’avevo girata in Youth e, quindi, ho cercato di migliorare le cose. Mi sembra un buon modo di procedere quello di tornare sugli stessi luoghi e migliorare.

 

Antonioni

La battuta «Mi fanno male i capelli» è evidentemente un riferimento a Deserto rosso di Antonioni. Si tratta di una battuta che è ormai passata alla storia come la quintessenza dell’essere sciocchi e il personaggio che la pronuncia doveva presentarsi fin da subito come il prete sciocco, quindi ho pensato fosse utile fargli dire quella frase.

 

Il comico

Nel lavoro di documentazione iniziale una cosa che è affiorata ben presto è che in Vaticano, in modo del tutto inatteso, il tasso di comicità tra i cardinali pare sia abbastanza alto, proprio nelle relazioni, non che loro facciano ridere, ma amano ridere, e allora abbiamo provato a riprodurlo. Poi io ci provo sempre a far ridere, è una fissazione fin dal primo film, a volte mi riesce, a volte no.