Ruben Östlund: in The Square tutto può succedere, ecco perché c’è anche una scimmia…

Ruben Östlund è un habitué di Cannes dal 2011, anno in cui ha presentato il suo primo potente lungometraggio Play alla Quinzaine des réalisateurs. È tornato nel 2014 a Un Certain Regard con Force majeure che ha vinto il premio della giuria e ora è arrivato al concorso principale con The Square. Un regista (anche sceneggiatore dei suoi film) che in soli tre film è diventato autore di culto. Ha fama di essere estremamente esigente (come hanno ricordato i suoi attori fa anche 100 ciak per una scena, dopo ore di prove e improvvisazioni). The Square, girato in settanta giorni, prende di mira il mondo dell’arte contemporanea.

Obiettivo raggiunto

Ho basato il film su situazioni molto reali e concrete. Abbiamo girato, poi fatto il montaggio, ma avevamo le idee piuttosto chiare, per quanto mi riguarda con Force majeure c’era uno svolgimento della storia un po’ più semplice, mentre in questo film ci sono diversi livelli di interpretazione, diversi sentimenti che avevamo in mente, quindi se arriviamo al 75% dell’obiettivo che ci eravamo posti, siamo contenti e posso dire che sono stato soddisfatto del risultato.

 

Il disegno del suono

Per il suono lavoro con Andreas Franck che è uno dei migliori in questo campo in Svezia. Penso che il suono sia uno in mezzi migliori per entrare al meglio nella dinamica del film. Ci lavoro molto perché non amo la drammaturgia convenzionale ed è una parte fondamentale nei miei film.

La scimmia

Nel film tutto può succedere quindi c’è una scimmia. Io amo le scimmie e penso che gli uomini amino guardare le scimmie perché riflettono loro stessi, cercano di ritrovarsi in loro perché sono animali in cui ci si può rispecchiare. Gli esseri umani si sono sempre interessati alle scimmie. Si lascia da parte la propria cultura e ci si ritrova con l’istinto animale. Quella del film è una splendida scimmia francese, a metà bonobo, quindi molto amichevole. Abbiamo girato a Berlino, in un giorno. Bisogna stare attenti, è stato abbastanza complicato, perché non si può guardare la scimmia negli occhi, non si può cantare né correre in presenza di una scimmia, ci sono molte cose che non si possono fare perché potrebbe diventare aggressiva.

 

La potenza delle immagini

Lavoriamo nel cinema che è un medium visivo e spettacolare e anche divertente, cerchiamo di comporre qualcosa, quindi, le immagini devono avere un significato e suscitare riflessioni un po’ come un quadro. Per esempio, sono molto soddisfatto della scena delle pattumiere: ho rialzato la macchina da presa così che avesse un’aria un po’ surreale e tutto è diventato molto forte visivamente. Lavoro per la seconda volta con Fredrik Wenzel come direttore della fotografia e ci siamo preparati molto prima delle riprese. Perché il bianco? sono stato in molti musei di arte contemporanea e c’è un’espressione diffusa, si parla spesso di cubo bianco quando si parla di arte contemporanea. Talvolta c’è solo un po’ di ghiaia per terra e con due o tre specchi diventa subito un’opera d’arte ed è quello che si vede in questo museo quindi rende l’arte ancora più triviale. Abbiamo cercato di prendercela un po’ con questo mondo e di porci delle domande. È un mondo che si comporta in maniera abitudinaria o è un mondo che si fa ancora delle domande? Penso che da qui il discorso si allarga e possiamo rimettere in discussione il mondo stesso in cui viviamo chiedendoci se agiamo per routine o se riusciamo ancora a rompere le convezioni.

La prospettiva sociologica

Penso che il personaggio di Christian sia un po’ come ognuno di noi nella vita, ci troviamo davanti a situazioni in cui dobbiamo cavarcela, solo che quelle in cui si trova Christian sono estreme, ma succede a tutti i livelli. Le questioni morali sfociano sempre in una sorta di dialogo interiore, talvolta nella vita se ne esce bene, altre volte meno, agiamo bene oppure male, non sappiamo mai davvero cosa fare, ma è abbastanza tipico dell’essere umano. Bisogna essere reattivi davanti alle situazioni di ingiustizia o quando vediamo qualcosa c’è non è equo, è qualcosa che ci provoca e ci mette in discussione. Vedo il personaggio di Christian come una sorta di scimmia con cultura che cerca di cavarsela nella vita. È una sorta di prospettiva sociologica che mi piace mostrare nei miei film piuttosto che dare delle risposte di tipo psicologico. Un personaggio non si comporta in un determinato modo perché ha un carattere particolare, ma perché è un essere umano che viene a trovarsi in una situazione che lo spinge a comportarsi in un modo piuttosto che in un altro.