Berlinale 69 – La prevedibilità di The Kindness of Strangers di Lone Scherfig

Scelto per inaugurare la sessantanovesima edizione del Festival di Berlino, The Kindness of Strangers potrebbe dettare le coordinate artistiche della rassegna. La Berlinale, da sempre molto schierata politicamente, apre in maniera più che massiccia ai film diretti da donne e che vertano su storie in cui la presenza femminile non solo è di fondamentale importanza ma, anche quando è in secondo piano, lascia un segno indelebile nel racconto. Tutti indizi che ritroviamo nell’ultimo lavoro di Lone Scherfig, un dramma familiare incentrato sulle vicissitudini di Clara (Zoe Kazan), giovane madre di due bambini in fuga dal proprio marito. L’insolito trio si avventura per le strade di una New York a tratti irriconoscibile alla ricerca di un rifugio e un po’ di cibo per arrivare a fine giornata. Come suggerisce il titolo del film, sarà la gentilezza degli sconosciuti l’unica ancora di salvezza per provare a fronteggiare non solo le difficoltà quotidiane ma soprattutto la minaccia di un compagno violento e ingombrante. In anni in cui il cinema contemporaneo ha fatto dell’integrazione e dell’accoglienza il suo centro focale per eccellenza, Lone Scherfig propone una variazione sul tema in maniera tanto semplice quanto prevedibile. La regista è brava a mantenere in equilibrio il suo lavoro tra momenti di strazio (alcuni decisamente gratuiti) e attimi ironici e leggeri con cui lasciar respirare il pubblico, tuttavia sono molti i passaggi irrisolti e frettolosi che il film trascina con sé per l’intera durata del minutaggio.

Lo sguardo accogliente e senza pregiudizi di un gruppo di sconosciuti che poco alla volta intrecceranno le loro vite con quella di Clara rischia di proporre una visione troppo semplicistica e solamente abbozzata della problematica principale sulla quale il film vuole fare perno. Certo, le barriere (prima ancora che fisiche) vanno abbattute nella psicologia di tutti noi, per questo motivo ben vengano i gruppi di ascolto, i ristoranti russi (o presunti tali) e la fiducia incondizionata riposta nelle forze dell’ordine dove la figura maschile può esercitare gran parte del suo potere e del suo fascino. Eppure non può e non deve ridursi tutto a così poco. Il cinema deve essere in grado di alzare l’asticella e proporre qualcosa di più dinamico, profondo, appagante. The Kindness of Strangers, nella sua forma e nella sua impostazione, rema contro tutto ciò che in via teorica e potenziale prova a scardinare: è un film che si nutre di stereotipi e non rischia nemmeno un mezzo passo fuori dal seminato. Sembra un progetto studiato a tavolino proprio per compiacere lo spettatore di oggi in cerca di un prodotto lineare e semplice con cui illudersi di pulire le proprie coscienze. Dov’è il brivido di una proposta diversa, di una proposta straniera? Speriamo che la Berlinale possa al più presto cambiare binario e affrontare percorsi ben più stimolanti e meno prevedibili rispetto quello in questione. Ne gioveremmo tutti.