Checco Zalone, l’unico erede credibile della commedia di costume

La prima Repubblica non si scorda mai // La prima Repubblica tu cosa ne sai

Dei quarantenni pensionati che danzavano sui prati // Dopo dieci anni volati all’aereonautica

E gli uscieri paraplegici saltavano // E i bidelli sordomuti cantavano

E per un raffreddore gli davano // Quattro mesi alle terme di Abano

Con un’unghia incarnita // Eri invalido tutta la vita

La prima Repubblica si scorda mai // La prima Repubblica tu cosa ne sai

(Tratto da La prima Repubblica – testo e musica di Luca Medici)

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Il trionfo annunciato di Quo vado?, che si appresta a diventare il maggiore incasso italiano di ogni tempo nei nostri cinema (vedremo se sarà in grado di attaccare Titanic, in vetta con 71 milioni di euro), certifica un fatto incontrovertibile: Checco Zalone/Luca Medici, con la sua immediatezza graffiante è in profonda sintonia con la pancia del Paese, conosce i tic degli italiani, ne sa mettere alla berlina le debolezze, esaltarne i “buoni sentimenti”, far emergere una mai sopita vigliaccheria e cinismo ( queste ultime”doti”  però completamente aliene al suo personaggio). Bisogna rendersi conto che il suo cinema va confrontato con la nostra miglior commedia di costume e lui deve ambire al ruolo che fu di Alberto Sordi e Paolo Villaggio (dopo soli quattro film è comunque presto per comprendere fin dove potrà arrivare Zalone). In prospettiva il suo vero problema può diventare l’assoluta mancanza di registi e sceneggiatori con i quali fare crescere la sua maschera. Oggi non ci sono i Monicelli e Steno che hanno permesso a Totò di esprimersi in un capolavoro come Totò cerca casa, Checco è obbligato a fare tutto da solo. E lo fa bene. In Quo vado? è un trentenne con il totem del posto fisso (lavora nell’ufficio provinciale caccia e pesca), vive con i genitori, ha una fidanzata che non si sogna di sposare. Insomma il quieto vivere, l’irresponsabilità, la mancanza di ambizioni eletti a sistema di vita. Poi un giorno il gove78ceca82-a0ef-48df-ae30-16fc78affaf6rno mette in cantiere la riforma della pubblica amministrazione, le province vengono tagliate e lui si ritrova a un bivio: lasciare il posto fisso (avuto grazie al senatore Lino Banfi, sua guida “morale”) e accettare la buonauscita dalla dirigente tagliatrice di teste Sonia Bergamasco oppure iniziare a girovagare per l’Italia. Infatti, per farlo dimettere, i trasferimenti si accumulano ma lui stoicamente non demorde e finisce persino al Polo Nord dove trova l’amore e le sue prospettive mutano integralmente. Checco Zalone è diretto erede della stagione più felice della nostra commedia, per questo sostituisce alla passività e alla disperazione un atteggiamento di sfida e di inconscia rivalsa. Per questo è credibile quando descrive la provincia con i suoi riti, sovente avvilenti, la mediocrità della politica, gli orrori del nostro (mal)costume. Come i protagonisti della commedia anni Sessanta non perde tempo a maledire la sorte, ma si guarda attorno curioso e avido, cerca anzitutto complici e poi soluzioni. Accetta la sfida della sorte, anzi la provoca. Se ne fotte del politicamente corretto e nessuno si offende: In Quo Vado? fa battute al concerto nel giorno della Memoria e ne esce indenne. In fondo è un tipo qualunque relegato nel grigiore della medietà, non è però solo, o chiuso nella gabbia della famiglia, ma vive in comunità, circondato da amici, nemici, conoscenti più o meno affettuosi. Checco sa rassegnarsi agli eventi, non si cruccia più del dovuto. Ha una grande capacità di crearsi attorno (persino in Norvegia) un ambiente solidale, pronto a riaccoglierlo e a ridargli la spinta per nuove avventure e lanciare altre sfide. Avendo ben presente che la vita è solo un lungo scherzo.

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