Il gioco citazionista di Animali fantastici – I crimini di Grindelwald di David Yates

Che piaccia o no, la saga di Harry Potter è destinata a durare ancora a lungo. Che piaccia o no, questa nuova serie (che più che uno spin off è un vero e proprio prequel) è ideata e realizzata prendendo le mosse dalle medesime basi della precedente (alla sceneggiatura c’è l’autrice dei romanzi, J. K. Rowling, in cabina di regia David Yates, ovvero colui che firmò quattro degli otto lungometraggi previsti dalla saga originale). Che piaccia o no, Animali fantastici – I crimini di Grindelwald (da qui in avanti Animali fantastici 2) è il secondo di cinque episodi e, come tale, va contestualizzato. Se quindi due anni fa Animali fantastici ebbe lo scopo di aprire al pubblico le porte di un “nuovo” universo introducendo personaggi mai visti e catapultando gli spettatori in una dimensione decisamente meno conosciuta, il film in questione veste i panni dell’anello di congiunzione, preparando tutte le pedine sulla scacchiera e dando il via alla battaglia che infurierà nei tre capitoli restanti. Per farlo, si dilunga enormemente in una prima parte troppo verbosa e disorientante, incapace di divertire e coinvolgere come invece dovrebbe. Nomi, riferimenti, flashback, accordi: tutto viene sbobinato senza mordente e il film si rifugia in un paio di sequenze “mostruose” mirate a tenere viva l’attenzione dello spettatore (e soprattutto a giustificare un simile titolo per una saga che, obiettivamente, con gli animali sinora ha poco da spartire). Il tutto inizia poco alla volta a prendere una quadra quando la struttura narrativa della Rowling comincia a far dialogare il film con la saga precedente.

 

In anni in cui la malinconia è all’ordine del giorno, le riprese aeree sulla scuola di magia più famosa del cinema, accompagnate dalle note che l’hanno resa ancora più celebre che mai, riescono a scaldare anche i cuori dei fan meno accaniti. Il gioco citazionista funziona e l’autrice riesce a incastonare il tutto in maniera fluida e convincente evitando così riferimenti gratuiti e grossolani (eccetto quello alla professoressa McGrannitt che ha già mandato su tutte le furie buona parte dei fan) per poi lasciare spazio all’ascesa del personaggio sinora più convincente: Grindelwald. Il villain interpretato da Johnny Depp è il vero asso nella manica di questo progetto. Un demagogo subdolo ma profondamente umano, capace di intuire le necessità di una comunità ormai priva di riferimenti così da poterla influenzare a proprio favore: la metafora con gli oratori politici più importanti dell’attuale momento storico è più che evidente (un individuo dal forte carattere che cerca di mettere al bando la comunità dei più deboli). Tuttavia, proprio come per i romanzi della saga originale, anche in questo progetto ciò che più sta a cuore alla Rowling sono le qualità “umane” dei singoli personaggi (come il coraggio, l’amicizia e l’amore), non tanto i poteri magici di ognuno né tanto meno i richiami politici, dimostrando così come la sua firma in fase di sceneggiatura sia da un lato il miglior pregio del film, dall’altro però anche il peggior difetto poiché incapace di sapersi adeguare alla narrazione cinematografica dato che, sotto alcuni aspetti, sembra davvero di trovarci di fronte a un romanzo filmico.