Il principe dimenticato: il passo falso di Michel Hazanavicius su Prime Video

Al suo settimo lungometraggio, dopo risultati altalenanti che gli hanno comunque procurato un Oscar (The Artist, 2011) e dopo aver affrontato i generi più disparati (dalla guerra in Cecenia con The Search, 2014, al biopic incentrato sul rapporto sentimentale e artistico tra Jean-Luc Godard e l’attrice Anne Wiazemsky con Il mio Godard, 2017) Michel Hazanavicius incappa in un vero e proprio passo falso con Il principe dimenticato, uscito in Francia lo scorso 12 febbraio e approdato su Prime Video il 24 aprile. A metà tra la favola e il racconto di formazione, il film – costato 25 milioni di euro – sembra essere un lavoro su commissione, un ibrido tra fantasy e commedia per famiglie poco nelle corde del regista che si arrabatta per venire a capo di 102 interminabili minuti. Djibi (Omar Sy) è un parcheggiatore vedovo che ogni sera racconta alla figlioletta Sofia (Keyla Fala) imprese incredibili ambientate in un mondo in cui lei è la principessa da salvare e lui il principe eroe. C’è sempre anche un cattivo da combattere (interpretato da François Damiens, il padre della Famiglia Bélier). A mano a mano che la bambina cresce (a 12 anni è interpretata da Sarah Gaye) il mondo della favola inizia ad andare a pezzi, letteralmente, e il principe fatica ad adeguarsi alla nuova situazione. Quando Sofia comincia la scuola media e conosce Max (Néotis Ronzon), un biondo coetaneo, il padre si trasforma in una presenza ingombrante. Nel mondo della favola è destinato a diventare un personaggio secondario e il rischio di finire nel “dimenticatoio” è grande perché Max è il nuovo principe. Grazie al provvidenziale intervento della nuova vicina (Bérénice Bejo), Djibi capisce che, non solo la figlia, ma lui per primo deve trovare il suo spazio e fare la sua vita. «Vissero infine molto felici e contenti», tutto va per il meglio, con il principe che, a distanza di quindici anni, può riprendere il suo ruolo, grazie all’arrivo di una nipotina. 3-2-1… la storia può ricominciare.

 

 

Inframmezzato da scritte (talvolta in italiano) alla fermata dell’autobus o sui muri e cartelloni pubblicitari che fanno esplicitamente riferimento al mondo fiabesco scandendone il tempo e i ruoli (dal classico «C’era una volta…», «E poi un bel giorno» alla maglietta indossata dalla Bejo con la scritta “Viva nuestra Madre”), Il principe dimenticato appare estremamente didascalico anche nello sviluppo, tutto concentrato sulla parola a discapito dell’azione, con il risultato che il passaggio dall’infanzia all’adolescenza viene trattato in maniera stereotipata. L’unico motivo di interesse poteva risiedere nel ribaltamento di ruoli per cui è l’adulto, e non il bambino, a vivere nel mondo incantanto da cui non vuole uscire: Djibi ci riesce solo quando chiude con il passato e ritrova la moglie defunta che nella favola è la regina del “dimenticatoio” (ormai evanescente come gli altri personaggi di quel regno), ma anche qui il tutto si riduce a un lungo discorso tra i due, mentre la realizzazione è raffazzonata e banale. C’è un gran dispiego di effetti speciali per il mondo della favola (il terremoto quando Sofia esce di nascosto, la tempesta di vento..), ma risultano grossolani, più adatti a un parco divertimenti che a un film. Anche il cast sembra improvvisato: Omar Sy, stella d’Oltralpe che garantisce col suo solo nome incassi stratosferici, ripete il già non memorabile personaggio di Famiglia all’improvviso. Istruzioni non incluse, ma qui sembra aver perso la verve che lo contraddistingue, ingabbiato in un personaggio a un’unica dimensione; Bérénice Bejo – moglie di Hazanavicius e presenza costante in tutti i suoi film – interpreta un ruolo fuori tempo massimo, totalmente a servizio del protagonista, e risulta poco incisiva. Anche i due attori bambini non lasciano il segno: troppo imbronciata lei, supponente lui. Un film che può finire tranquillamente nel “dimenticatoio”.