Lady Bird – Radici e ali di un’adolescente

Si colloca sul solco del genere coming of age, per poi, svicolare continuamente e sbarazzarsi degli stereotipi narrativi cui siamo ormai assuefatti. Lady Bird ci dice qualcosa in più della sua regista, la talentuosa e astuta Greta Gerwig che, nel realizzare il suo primo film da regista, si allontana dalle atmosfere che l’hanno resa celebre come attrice e, soprattutto, sceneggiatrice. New York è ancora un sogno per la diciassettenne protagonista, che, invece, cerca il modo di sfuggire all’ambiente provinciale di Sacramento, troppo protetto (nel bene e nel male), per poter offrire emozioni a chi ne ha bisogno. Sembra tutto molto disinvolto in questo film che ha vinto due Golden Globe (miglior commedia e miglior attrice di commedia a Saoirse Ronan) e ha ottenuto cinque nomination agli Oscar (film, regia, sceneggiatura originale, attrice protagonista e attrice non protagonista), e di fatto lo è, dal momento che è scritto con l’idea di far vibrare dei personaggi, prima ancora che raccontare una storia. Questa la caratteristica più distintiva delle sceneggiature di Gerwig (si pensi a Frances Ha e Mistress America) che affida il personaggio centrale del suo film “semi-autobiografico” ad una ragazza ribelle, non perché incarni un’idea sovversiva, ma in quanto attraversata da mille contraddizioni, cui la diciassettenne Christine presta attenzione con la saggezza dell’istinto.

Non ama il suo nome e si fa chiamare con quello che si è data lei stessa, Lady Bird appunto, e reagisce ad una discussione con la madre scagliandosi fuori dall’auto in corsa. Stratagemma narrativo prima ancora che contenutistico, che serve a passare da una situazione di chiusura (la discussione in auto è destinata a ripiegarsi su se stessa) ad un’altra, ugualmente circoscritta, ma ha anche la funzione di definire in pochi secondi il tono di un racconto sempre elegantemente al limite, dentro la commedia ma oltre la sua prevedibilità. L’intenzione è quella di rappresentare una certa tendenza all’omologazione adolescenziale attraverso i gesti di una ragazza pronta a spiccare il suo volo, che si nutre di tutte le esperienze che la vita può darle e fa esperimenti di anticonformismo dentro ogni situazione. Meno convenzionale di quanto possa sembrare (basti pensare agli insegnanti della scuola cattolica che Lady Bird frequenta) per la leggerezza di uno sguardo capace di sfuggire agli stereotipi, quelli sentimentali, nella relazione tra Christine e i suoi due fidanzati, con la migliore amica e, soprattutto, con sua madre. In ognuno di questi casi si tratta di trovare la giusta distanza. Quella di cui Christine ha bisogno per mettere a fuoco i dettagli della sua vita, per scoprire i misteri di emozioni e sentimenti, e quella di cui ha bisogno Greta Gerwig per descrivere la malinconia piena della provincia, che plasma una giovane donna e si insinua nel suo sguardo per sempre. C’è differenza ad essere nati dal lato sbagliato della ferrovia, aver osservato con disincantata ossessione le case eleganti dei quartieri più ricchi, essersi inebriati i pensieri con elenchi zeppi di desideri da non riuscire a tenerne conto. Grazie a tutto questo, sembra svelarci Gerwig, è possibile scoprire di essere stati felici, e di poter volare via con le radici ben salde.