Oasis: Supersonic, gli anni d’oro di una band e la vita privata dei fratelli Gallagher

10970436 Sarebbe più opportuno parlare di raccolta e montaggio di voci, canzoni e immagini, piuttosto che di regia vera e propria, per descrivere il lavoro che Mat Whitecross ha compiuto nella realizzazione di Oasis: Supersonic per raccontarci l’ascesa repentina della band inglese più celebre e controversa degli anni ’90. A vent’anni dal memorabile doppio concerto a Knebworth nel 1996, uno dei più grandi mai tenuti in Inghilterra che arrivò a raccogliere sotto il palco 250mila fan, arriva in sala la celebrazione del periodo d’oro del gruppo dei fratelli Liam e Noel Gallagher, a poche settimane dall’uscita di un altro documentario a tema musicale, Eigth days a week di Ron Howard, centrato invece sui Beatles e sul fenomeno epocale a cui diedero vita. Gli Oasis non hanno mai fatto segreto dell’ammirazione per i quattro di Liverpool, arrivando persino a paragonarsi a loro con quella sfacciatae schietta arroganza che spesso li ha spinti a definirsi la miglior band del pianeta. Del resto, l’atteggiamento ruvido e provocatorio è stato sin dagli esordi il marchio di fabbrica di una band nata fra le palazzine popolari di Manchester, divenuta in una manciata di anni il punto di riferimento della scena rock britannica alla fine del secolo scorso, lasciando il segno in un’intera generazione. All’epoca era infatti davvero improbabile che qualcuno non avesse sentito parlare degli Oasis, non di rado sulle pagine dei giornali per i loro eccessi, oltre che per la musica. Il documentario comincia esplorando le radici familiari della coppia di fratelli, scandagliandone i rapporti con i genitori, con gli amici di sempre, e ovviamente quelli fra loro stessi, distaccandosi nettamente dall’operazione curata da Howard sui Fab Four, che ne ha evidenziato soprattutto l’effetto fenomenologico.

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Whitecross raccoglie le voci dei protagonisti di quella scalata al successo culminata a Knebworth, li ascolta (senza mai riprenderli però) e mette insieme i dialoghi in una sola ininterrotta conversazione, delegando alla voice over il racconto di una vita. Questo ha reso indispensabile attingere a una grande quantità di materiale di repertorio sui Gallagher e gli Oasis, molto del quale inedito e custodito fino ad oggi da amici e fan, ma soprattutto dalla mamma Peggy e dal fratello Paul. Fa quasi tenerezza vedere da bambini quelli che molti anni dopo avrebbero 942344sfasciato stanze d’albergo, provocato risse, o mandato all’aria concerti fondamentali come quello al “Whisky A Go Go” di Hollywood, durante il loro primo viaggio negli Stati Uniti. Con un ritmo quasi stordente, fra fotografie, filmati, animazioni grafiche e aneddoti, Oasis: Supersonic si presenta così come il più completo archivio audiovisivo sul gruppo, capace di scavare a fondo nella storia di Noel e Liam e di raccontarci nel dettaglio ogni aspetto di un rapporto fraterno segnato dalla rabbia e da una dialettica di odio/amore che nel tempo li ha condotti alla frattura dei legami personali e della band. Il documentario, in cui conta più il dietro le quinte di questo fenomeno generazionale che gli aspetti propriamente musicali, sceglie di estromettere dal racconto la crisi degli anni seguenti al 1996, che lentamente portò allo scioglimento del gruppo: è esclusivamente celebrativo di un grande successo passato, senza tralasciarne i lati più problematici (gli allontanamenti forzati, i litigi, l’ossessione per la celebrità); allo stesso tempo vuole anche farsi testimone di quell’epoca ancora distante dalla fruizione di internet e dalla massificazione della musica digitale, quando i concerti erano ancora eventi irripetibili ed esperienze memorabili, finendo per lasciarci inevitabilmente con un senso di gradevole nostalgia.