Oceania, tra ambientalismo e femminismo (e qualche polemica)

Le avventure di Vaiana, la protagonista di Oceania, hanno spopolato nelle vacanze di Natale (il film, uscito il 22 dicembre ha finora superato i sette milioni di euro di incasso, mentre negli Stati Uniti è ben oltre i 200 milioni e se è lontano da Frozen, il film di animazione con gli incassi maggiori di sempre, è comunque destinato a superare il mezzo miliardo). Vaiana è la figlia adolescente del capo villaggio, destinata a succedere al padre, ma determinata a superare il reef e lasciare la tranquilla isola in cui è cresciuta per scoprire il mondo e capire davvero chi è. L’unica ad averla sempre assecondata nella sua sete di conoscenza è la nonna, la pazza del villaggio, che proprio in punto di morte le chiede di partire. Il suo viaggio ha le caratteristiche di una missione: Vaiana deve ritrovare Maui, il semidio ricoperto di tatuaggi parlanti e dotato di arpione che gli permette di cambiare forma che, molto tempo prima, per compiacere i mortali, ha rubato il cuore di Te Fiti, madre di tutte le isole, causando tutta una serie di scompensi (le acque non sono più pescose, gli alberi iniziano a marcire e la natura, un tempo rigogliosa, è sempre più brulla). Basandosi sulle leggende e i miti popolari della Polinesia, il film ha come punti di forza la tematica ambientalista e un lieto fine non consolatorio. Vaiana è forse il primo personaggio femminista nella storia disneyana che non solo non corona il suo percorso di crescita con un matrimonio, ma nemmeno vive una storia d’amore. Decisamente un bel passo in avanti per l’universo Disney che non ha mai proposto un’immagine particolarmente emancipata della figura femminile. Quello di Vaiana è un viaggio tutto teso alla scoperta di sé e del suo posto nel mondo.


Le polemiche sul film non sono, però, mancate. Se inizialmente la scelta dell’eroina di una parte del mondo poco frequentata dall’animazione era stata applaudita e salutata come un’innovazione, non sono mancate le polemiche fin dal primo trailer. Al centro del mirino la stazza di Maui: dal momento che l’obesità è un grande problema per la popolazione polinesiana, vedere il coprotagonista rappresentato in maniera così stereotipata ha fatto infuriare non poco. Il rugbista samoano Eliota Fuimaono-Sapolu ha postato una foto su Facebook in cui mette a confronto il muscoloso Dwayne Johnson The Rock (voce di Maui nell’originale) in Hercules: Il guerriero e Maui scrivendo «gente bianca che racconta storie bianche vs. gente bianca che racconta storie polinesiane»; la deputata neozelandese Jenny Salesa, primo membro del Parlamento di lingua tongana, ha detto senza mezzi termini che lo stereotipo era «inaccettabile». Non è mancato chi ne ha dato una lettura in chiave imperialista: Will Ilolahia, membro della Pacific Island Media Association, ha dichiarato che «rappresentare Maui obeso riflette lo stereotipo tipicamente americano. L’obesità è un fenomeno nuovo, dovuto proprio al cibo del “primo mondo” con cui ci hanno rimpinzato». L’altra polemica è legata al titolo del film. Spesso i titoli vengono cambiati, quasi sempre in peggio. In questo caso il titolo originale è un nome proprio, ovvero Moana, nome dell’eroina che in tahitiano significa “mare”. In Francia e Spagna si è optato per Vaiana che significa “acqua di roccia” per questioni commerciali (Moana è un marchio registrato), ma in Italia si è scelto Oceania pare per evitare ogni riferimento alla pornostar Moana Pozzi, morta nel 1993.