Ritorna il Macbeth di Polanski

960Un giorno a Macbeth, vassallo del re di Scozia, tre streghe preannunciano l’ascesa al trono. Colpito dalla profezia e pungolata dall’ambiziosa consorte, Macbeth uccide il re Duncan e fa fuggire i figli, legittimi eredi al trono. Il suo regno è però subito turbato dal rimorso e dal sospetto e ha la sua logica conclusione con la morte di Macbeth in battaglia per mano di Macduff rimasto fedele alla casata usurpata. La ricomparsa nei cinema del Macbeth di Roman Polanski è l’occasione giusta per riconsiderare un film scandalosamente sottovalutato, che fin dal suo passaggio nel 1972 al Festival di Cannes è stato accolto tiepidamente e guardato con un certo fastidio (anche perché il produttore era Playboy).

 

Macbeth_film04 Con il passare del tempo la situazione è persino peggiorata dato che l’opera è finita “stritolata” fra il vigore drammatico della riduzione di Orson Welles e il grandioso espressionismo di Akira Kurosawa e del suo Trono di sangue. Tragedia dell’ambizione Macbeth trova in Polanski un autore convinto della voglia di sangue dei personaggi, della loro tagliente umanità (per lady Macbeth il destino dell’uomo è niente:”la storia di un idiota, piena di frastuono e di foga, che non significa nulla”). Un incubo che il regista affronta con un’ambientazione storica dal piglio filologico: animali, vita di corte, sapori, un naturalismo spinto che subisce “infrazioni” oniriche. La circolarità della storia è annunciata dalla prima sequenza: mentre la macchina da presa riprende una spiaggia deserta, un bastone disegna un cerchio sulla sabbia dove finirà seppellito dalle stregheun corpo del quale si vede solo un braccio armato di pugnale. Polanski rispetta molto il testo, ma non ne è intimidito (“Se prendete un libro che amate, che ritenete interessante o geniale, allora credo sia necessario avere la modestia di sottomettersi al libro”). Taglia dei monologhi, cancella qualche personaggio minore, carica di grottesco il duello finale e soprattutto mostra il violentissimo regicidio (“ai tempi di Shakespeare non era concepibile mostrare l’assassinio di un re. Ecco perché questo avviene dietro le quinte. Di comune accordo Tynan e io decidemmo di mostrare questo evento così importante. Macbeth era una pièce violenta”).  Polanski aggiunge un nuovo cavaliere nel finale, vicino al rifugio delle streghe, qualcuno desideroso di sottrarre il potere al giovane Malcom. La storia è destinata a ripetersi continuamente, di nuovo circolare, una spirale senza fine. Alla riuscita del film ha certamente contribuito la strepitosa colonna sonora firmata dalla Third Ear Band. Il gruppo parte in modo sontuoso nel ’69 con Alchemy a cui segue Third Ear Band, album che si ispirano alla musica egizia, all’India, al suono greco. Cultori di discipline esoteriche, Paul Minns e compagmacbeth-03ni tessono una trama brillante che si appoggia a ritmi non usuali, a modi strumentali inconsueti. Il suono scivola con solennità, giocando sulla ripetizione e sul lento progredire: musica eterea, affidata alla mente. Il terzo album, la colonna sonora di Macbeth, conferma queste caratteristiche spezzando la corposa vicenda musicale in brevi episodi senza respiro, con il suono cerca l’immagine e muore in solitudine.