L’inviato in pantofole: impavido fra Piccoli Cori, cover e crudeli eliminazioni

Fase 3: 60%. Comincia a diventare dura. Malgrado la doccia di ieri notte, sono tre giorni che non esco di casa e non ho aerato i locali prima di soggiornarvi, come recitano gli spot delle tavolette antizanzare. L’abnegazione. Comunque. Ben ritrovati. Grazie per i like e i messaggi privati. Se siete qui, sapete già come funziona e salterei i preamboli, ché stasera è lunga e siccome sono stato al giapponese alle sette vi risparmio anche il menu della serata. [Gli Erdnuss Flips hanno riscosso comunque un grande successo (mi dicono che la redazione è stata tempestata di mail di potenziali acquirenti: comunque si trovano al Lidl), e anche stasera fanno parte della dotazione snack con più tradizionali Pringles (quelle nere al pepe) e Coca-Cola. L’osteopata che mi cura l’ernia voleva che dimagrissi di sette chili e mi sa che ce la faccio in cinque giorni, anche perché da domani inizia l’ascesi.] Quindi. Stasera gara delle quattro Nuove Proposte rimaste + gara delle cover + gara dei sei semieliminati (per ripescarne due), più i soliti ospitoni. La tensione è alta. Uhm, no, Se c’è una cosa che non si respira più, è proprio il clima della gara. Gli ascolti sono calati un minimo, ma sulla seconda serata è fisiologico. E anche così pare che sia comunque il miglior risultato dall’anno in cui Mike Bongiorno presentava con Edy Campagnoli, Maria Giovannini, Rossana Armani e Giuliana Copreni. Mi secca ammetterlo, ed è un po’ una scoperta dell’acqua calda, me ne rendo conto, ma Carlo Conti ha capito benissimo una cosa: ammesso che lo abbia mai fatto in passato (ho dei fortissimi dubbi), il Sanremo dei meravigliosi anni Dieci del web, degli influencer, di Netflix e della musica liquida non consente più di proporre, ma solo di imporre. Solo che una volta, ai tempi dei Ravera e degli Aragozzini, queste manovre si potevano coprire meglio, e oggi non più. E del resto si sa che se per caso finite ad Alicudi per una settimana senza 3G e wi-fi e avete con voi solo un CD di Luca Sardella, finisce che vi imparate a memoria pure quello. Quindi, al terzo ascolto in radio finirete e finirò pure io coll’imprarare a canticchiare  anche il pezzo di Elodie o quello di Ron e pace all’anima di tutti ma soprattutto loro. Inizia il girone dei giovani.

 

 

Maldestro – Canzone per Federica. Un brano “dedicato a una donna vinta dalla vita ma capace di avere un sorriso per tutti”. Il problema è che se ti chiami maldestro e dedichi una canzone a quella che per molti di noi è la celeberrima “mano amica”, autoerotismo e autolesionismo finisce che fanno rima e ci rimetti qualcosa. Comunque: cantautorato standard, e lui non canta neanche granché bene. Ma può interessare. Musica 6, testo 5, interpretazione 5. La media fa 5 e rotti. Passa il turno.

 

Tommaso Pini – Cose che danno ansia. Come possa aver passato le selezioni una bizzarria simile è misterioso: però il titolo è perfetto, per un pezzo che dice Ho il poster del mio analista sopra il divano / Le tipe al pronto soccorso mi amano. Un poppaccio in falsetto con inciso a martello, ammannito da un’ibridazione di Marco Mengoni, Conchita Wurst e Willy Wonka. Ve lo sareste mai immaginato? Io no: e neanche i televotanti, che lo puniscono con l’eliminazione. Musica 4, testo 3, interpretazione 3. La media fa 3 e un qualcosina.

 

Valeria Farinacci – Insieme. Giuseppe Anastasi è un bravo autore di scuola Mogol. Questa ragazza, emozionata come una bambina, sembra una potenziale brava cantante. Certo, un brano sul valore dello stare insieme, anche non in senso strettamente sentimentale,  che contiene una frase come E’ quasi come aprire un panificio / Che ogni mattina panificherà è a rischio ridicolo. Ma se si chiude con una frase come Dobbiamo stare insieme / E fare ancora il pane, un po’ mi commuove.  Mi assumo la piena responsabilità di questa affermazione. Musica 7, testo 6, interpretazione 7. La media fa 7 meno meno meno meno e per i miei standard è altissima. E infatti eliminano anche lei.

 

Lele – Ora mai. Chiedo perdono. Raramente non so cosa pensare di un brano. Dovrei riascoltarlo, ma non succederà per mia volontà. Lui viene da Amici, e ha avuto una storia con Elodie. Estic****? Brano tipicamente sanremese ma con screziature elettroniche. Dove voglia andare non si sa, ma Qui piove da ieri / ora mai / Non può essere abitudine / non lo sono stato mai è più difficile da digerire del pepe delle Pringles. Dalla platea gli hanno gridato “Hai già vinto”. Non si sa se per il solo fatto di essere stato lì sopra con una canzone così insulsa o se magari ha davvero delle chance. Musica 4, testo 1, intepretazione 4. A casa mia fa 3. Ma va in finale.

 

L’arrivo sul palco del Piccolo Coro dell’Antoniano mi mette tristezza e ne approfitto per fare una telefonata di lavoro. (Però Popoff, accostata in un  medley sciagurato alle tagliatelle della nonna Pina e al coccodrillo come fa, ancora SPACCA). Voto: SE TELEFONANDO.

 

Comincia la gara delle cover. Il voto è alla cover, non al brano originale che ha il suo soggettivissimo voto in parentesi dopo il titolo, ma non fa media.

Chiara. Fa Diamante (7) di Zucchero. E niente. Tocca registrare la definitiva trasformazione della Galiazzo in Arisa. Una cosa aveva, Chiara: il timbro. Ma non si sa che fine abbia fatto. Speriamo solo che non attacchi a bere pure lei. Voto: 5

Ermal Meta. Fa Amara terra mia (9) di Domenico Modugno, da Giovanna Marini. E si inventa un autoduetto. Nel senso che fa tutta la prima parte a voce piena e tutta la seconda in un sorprendente e flautato falsetto. Bravissimo. Il tema del brano, straziante addio di guerra e sradicamento, gli si spalma sull’anima. Per chi non lo sapesse, Ermal Meta è albanese. Per chi non lo sapesse, Ermal Meta è anche un po’ paraculo, forse. Ma ho inarcato un sopracciglio. Voto: 9

 

Lodovica Comello. Fa Le mille bolle blu (10) di Mina. Cioè. Con quella voce lì. Bisogna essere scemi. Voto: 0

 

Al Bano. Fa Pregherò (7) di Adriano Celentano, un brano sopravvalutatissimo (colpa della traduzione del testo) che tecnicamente non è una cover pura ma la cover di una cover (di Stand By Me, occorresse ricordarlo). E niente: al di là della scelta, sacrosanta nel senso letterale del termine, quest’anno il post-infartuato Al Bano viaggia a scartamento ridotto. La qual cosa significa che sul puro piano tecnico si mangia comunque nove decimi dei colleghi anche con la voce fratturata. Ma la sua fede incrollabile nella liturgia sanremese però è giusta, e fa tenerezza. Voto: 6

Pausa, con l’eroina di stasera: una signora di 92 anni che dal 1945 a oggi ha fatto nascere in casa quasi 7.700 bambini. Boh. Vabbè. Ogni sera il campione portato  a esempio di rettitudine e altruismo è sempre più in là con gli anni. Peccato non ci sia più Andreotti, altrimenti magari gli facevano aprire la finale. A seguire, l’Orquesta de Reciclados de Cateura dal Paraguay, un ensemble composto da ex squatter che hanno trasformato i rifiuti della loro baraccopoli in strumenti musicali e ora girano il mondo sotto l’egida dell’Unicef. È una cosa nobile, su cui non si può fare ironia. E infatti anche Maria è a pippone frenato. Parla il concetto

 

Fiorella Mannoia. Fa Sempre e per sempre (8), pezzo poco noto alle masse di Francesco De Gregori. Indiscutibilmente, questo è da sempre lo specifico-Mannoia: impreziosire anche i pezzi più mediocri. Una volta chiusa con l’euforia contingente e sconsiderata che leggo un po’ ovunque, vi renderete conto che Il brano che ha in gara non è ‘sta gran cosa. Ma quando fa sue delle grandi canzoni non le sta davanti nessuno. Voto: 8

 

Crozza fa il papa. C’è anche stasera. L’intervento dura meno del solito: ottimo. Bevo una Coca-Cola, mentre mi strappa a forza un paio di sorrisi.  Voto: INTERMISSION

 

 

Alessio Bernabei. Fa Un giorno credi (9) di Edoardo Bennato. Nel 1986, un mio amico in spiaggia a Marotta la faceva meglio anche da ubriaco. Voto: 1

 

 

 

Paola Turci. Fa Un’emozione da poco (10) di Anna Oxa, nel bene e nel male un brano davvero epocale. Gli influencer del web si spellano le mani (ho il pc con sette finestre aperte contemporaneamente su altrettanti figuri che prendono dalle 20 alle 1.000 volte i miei like). Lei è figa, ha grinta, canta. Ma non basta. Mandare in pappa d’orchestra questo pezzo con un arrangiamento così mentecatto è una specie di crimine contro la storia della canzone italiana. L’ho detto. Voto: 4 [Che poi questo è alla fine il problema di tutte le canzoni che vanno a Sanremo. Cioè: che speranza ho di piazzare un bellissimo brano per soli violino, glockenspiel e rutti se poi devo obbligatoriamente arrangiarlo per 423 elementi? E’ il motivo, per esempio, per cui tutti i gruppi rock saliti su quel palco hanno sbattuto il muso, tipo Afterhours, Marlene Kuntz, Subsonica. Sui Subsonica il mio amico fratello che ieri ha vinto alla Sisal mi apostrofa con violenza e dice che Tutti i miei sbagli era bellissima con l’orchestra: ma non riesce a convincermi.]

Il superospite della serata è Mika. Ma mika mi piake, e al dekimo minuto di konkertino mi kaskano. E’ un fenomeno khe non riesko a kapire e a kui riserverei il trattamento del titolo di una delle sue kanzoni più kelebri. Ma forse sto diventando troppo vekkhio per questo mondo. Voto: 50 (gli anni che kompio tra due mesi).

 

Momento scult: una signora di 102 anni sopravvissuta a due guerre nonché a metà di questa serata intona la sua canzone preferita: Quel mazzolin di fiori. Sembra la trisnonna di Nesli, ed è più intonata e meno tuonata di lui, per dire. Voto: 102. Voto a quest’ultima battuta: 2. Un po’ di autocritica devo pur farla.

 

Gigi D’Alessio. Fa L’immensità (4) di Don Backy, pezzo che mi ha sempre messo tristezza ma non nel senso di malinconia (problema mio). La fa anche bene, peccato che sia a Sanremo e non a un matrimonio. È pur vero che peggio di come si esibì Don Backy in illo tempore non poteva fare, ma l’arrangiamento è pessimo e lui è sempre un po’ a rischio stonatura. Voto: 3

 

Francesco Gabbani. Fa Susanna (5) di Adriano Celentano. Curiosamente, anche il secondo omaggio al Molleggiato è la cover di una cover (di Suzanne, che contrariamente a quanto credono tutti – e pure Celentano, che la inserì in un album di cover intitolato I miei americani… – non è un brano statunitense ma olandese, di tali VOF de Kunst). Ora: a me questo ragazzo non ha fatto niente, sia chiaro. Ma il perché goda di credito da parte della critica musicale italiana che conta (se esiste) mi risulta arcano. Comunque un suo pezzo è finito sull’ultimo album di Mina-Celentano e capisco che siccome un colpo di culo così non capita spesso, la scelta sia un bel modo di dire grazie per i diritti d’autore. In ogni caso, nullo. Voto: NON PERVENUTO

 

Pausa. Cinequestua. Alessandro Gassmann e Marco Giallini promuovono Beata ignoranza, nuovo film di Giovanni Veronesi in uscita tra qualche settimana, distribuito da 01. Roba loro. La statistica ha dimostrato che lanciare i film a Sanremo porta sovente sfiga. Ma si sa che perseverare è diabolico. In questo caso poi è a costo zero, quindi affari loro. Gassmann fa il suo, Giallini come sempre è scazzatissimo e si vede. Presentano il concorrente successivo e se ne vanno. Mah.

 

Marco Masini. Fa Signor tenente (10) di Giorgio Faletti. Allora. L’anno scorso per il pezzo di Noemi sappiamo tutti da dove ha pescato e pace. Non so se questo lo consideri un atto dovuto, una toppa; certo è che il buco si vede comunque. E raddoppiare il ritmo del pezzo significa non averlo capito mica tanto. Sarà che questa canzone per me è e sarà sempre di una persona sola. Voto: 5

 

Michele Zarrillo. Fa Se tu non torni (2) di Miguel Bosé. Forse perché è quasi omonimo e il suo cognome può anche essere preso per spagnolo (pron. Mighele Zàrriglio). Voto: FATE VOI, DEVO PURE FARE PIPI’ OGNI TANTO

 

Elodie. Fa Quando finisce un amore (5) di Riccardo Cocciante. Checché se ne dica, non un gran brano. Io pensavo che la specie “Non c’ho un’idea di come cantare ‘sto pezzo, perciò urlo” fosse estinta. Mi ricredo in fretta.         Voto: 2

Break surreale. Scendono dalle scale la figlia di Alain Delon e la nipote di Jean-Paul Belmondo. Le loro canzoni preferite sono Nel blu dipinto di blu di Modugno e L’italiano di Toto Cutugno, che maldestramente accennano. Prendono due mazzi di fiori e se ne vanno. Anche qui: io pensavo che la categoria dei parenti d’arte sul palco alla cazzo fosse finita con quell’edizione mitica di Paperissima del 1989. Ma evidentemente no. Mentre Carlo Conti si lamentava dell’allibimento con cui venivano accolte dal pubblico (Carlo, che spontaneità e calore vuoi che abbia la platea se alle undici e mezza di sera gli pialli lì ste due pippe?) chiedo allarmato ai miei contatti Facebook di spiegarmi, se possono, il motivo dell’ospitata che mi sa che mi sono perso qualcosa. Ma ricevo risposte vaghe. Gliele hanno messe sul palco vestite di giallo e rosso: azzardo che volessero ricordargli l’esito di Fiorentina-Roma dell’altro ieri. Forse, come suggerisce la mia amica Paola, sono protette di Totti.

 

Samuel. Fa Ho difeso il mio amore (7) dei Nomadi. Un’altra cover di cover (di Nights in White Satin, capolavoro dei Moody Blues). Sarà che il livello della serata è basso forte, ma lui la affronta con un piglio e una vocalità che mi piacciono. Voto: 7

 

Sergio Sylvestre. Fa La pelle nera (8) dell’immenso Nino Ferrer. “È una scelta all’insegna dell’ironia”, ha dichiarato (fonte: Sorrisi e Canzoni). Ma và? Però a ‘sto punto tanto valeva chiamare a duettare l’indimenticabile Cecile di N.E.G.R.A. O direttamente Bello Figo. Lo stile è un mischione di soul, funk, rap e swag senza direzione, lui canta bene ma mah, i suoni si impastano un po’ tutti. Scopriremo a tarda notte che c’erano problemi tecnici. Ma anche non ci fossero stati, insomma. Voto: 5

Fabrizio Moro. Fa La leva calcistica della classe ’68 (10) di Francesco De Gregori, una delle 20 canzoni italiane più belle di tutti i tempi. La dedica al figlio Libero, che chissà con quel nome lì se poi magari gioca da stopper. Sceglie una veste classica. Non le fa del male, ma neanche del bene. Voto: 6

 

Michele Bravi. Fa La stagione dell’amore (8) di Franco Battiato, in una versione elettronicizzata che all’inizio sembra anche vocoderizzata e più che Battiato fa venire in mente quel passaggio di Un’estate al mare di Giuni Russo che dice “per regalo voglio un harmonizer con quel trucco che mi sdoppia la voce”. Lui è ancora più diafano di ieri, ma stasera a livelli da Intervista col vampiro. E un po’ si scioglie il mistero del perché, malgrado dimostri quindici anni, ogni volta che sale su un palco gli escono di bocca tranches de vie che neanche Califano a sessanta: forse perché in realtà ne ha 515, tipo Kirsten Dunst nel film di Neil Jordan. Voto: 6

 

E’ mezzanotte passata, e non è ancora cominciata la gara dei ripescaggi. Comincio a temere che vedrò l’alba anche io. Intanto, arrivano Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu che partono bene (“Maria è l’unica di Amici che Carlo Conti non aveva ancora invitato a Sanremo”) e stoccano pure la Raggi, ma poi s’incartano nel loro vecchio vizio di virare in zona Gaber con un dialogo teatrale sulla paura che finisce coll’inglobare a sentenziare ovvietà retoriche anche la De Filippi.  Voto: 5

 

 

Inizia la gara dei campioni esclusi. Durante gli intervalli pubblicitari, voci non confermate danno per certa la presenza in sala di giovani hostess che elargiscono agli spettatori biglietti da 500 euro per restare seduti fino alla fine. È l’occasione per rivedere i giudizi sui brani (per gli originali vi rimando ai pezzi correlati in pagina). Andiamo.

 

Ron – L’ottava meraviglia. Ecco a chi somiglia lui, oggi: sembra la versione anziana del piccolo Jody di Tre nipoti e un maggiordomo! Dico ‘sta scemenza perché sul pezzo non c’è molto altro da dire. Voto: 3, confermiamo e la accendiamo.

 

 

 

 

Raige e Giulia Luzi – Togliamoci la voglia. Sì, anche di dire che il pezzo fa schifo. Voto: 1

 

Bianca Atzei – Ora esisti solo tu. Meglio della prima volta, anche se il brano resta vecchiume. Voto: 6

 

Giusy Ferreri – Fa talmente male. Idem. E lei è meno tesa, anche se il pezzo rimane bruttino. Voto: 5

 

Clementino – Ragazzi fuori. Non ce n’è: è brutta brutta. Voto: 4

 

Nesli e Alice Paba – Dò retta a te. No, date retta  a me: a casa. Voto: 1

 

Premiano le cover. Vince Ermal Meta (giusto), che con una velocità e un senso del trasformismo degni di Arturo Brachetti si riprecipita sul palco per cantare un brano in inglese. Ah. No. Aspetta un attimo. È LP (nome d’arte di Laura Pergolizzi, americana di origini siculo/campane) . Ovazioni. Fischietta un po’ -sic- con Carlo e Maria (a proposito: stasera quasi vispi, voto: ZZ) e poi fa il bis ripetendo il brano da ovazioni. Ah. No. Era un altro pezzo. Quanto poco ci vuole, oggi, per portarsi a casa tre dischi di platino in Italia. Ormai è notte fonda. Rocco Tanica (voto: purtroppo ancora 6) fa incontrare due wrestler. Boh, ormai sono cotto pure io e non mi fa più ridere niente, come diceva Lucio Dalla (in 60.000.000 di anni fa). Arrivano i risultati dei ripescaggi: perdono le due coppie (Nesli/Paba, Raige/Luzi), vince Salomone. Ma vince anche il mio amico fratello bravo attore, che anche stasera mi manda le ricevute della Sisal e aveva scommesso che li trombavano. Lo voglio vedere sabato, però. Direttore, stasera sul mesto dopofestival mi scuserà se glisso. Anche perché poi scrivo che i Level 42 non mi sono mai piaciuti e qualcuno si arrabbia.

 

Oh, e ho fatto fuori un sacchetto intero di Erdnuss Flips da tre etti. E non ho fumato neanche una sigaretta. Ma adesso apro le finestre e cambio l’aria comunque. A domani.