Berlinale 66. Wayne Wang e l’insostenibile leggerezza dell’innocenza

20151024-onnaganemurutoki_vIl dispositivo letterario è quello che attraversa l’intersezione tra la crisi dello scrittore e l’estasi da contemplazione che attanaglia l’osservatore: Wayne Wang ci staziona con un impianto che sta tra il mistery e il noir, giocando sulla duplicità della presenza scenica di Beat Takeshi: While the Women Are Sleeping  è l’ennesimo oggetto filmico spiazzante di questo regista asiamericano sempre in bilico tra mondi, culture, universi di riferimento, in un costante lavoro di rielaborazione delle relazioni di dipendenza psicologica e culturale tra le figure in campo. Alla base di questo suo nuovo film (in Panorama Special alla Berlinale 66, dove Wang nel ’95 aveva vinto l’Orso d’argento per la regia di Smoke,) c’è una novella dello scrittore spagnolo Javier Marìas pubblicata sul New Yorker anni fa: storia di una fascinazione segreta e intima che transita sul giovane corpo di una ragazza attraverso l’implicita e conflittuale complicità tra un giovane scrittore in crisi e un anziano e misterioso uomo al quale la giovane donna si accompagna.

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Lo scenario asiatico (siamo in Giappone) è offerto dal non luogo di un hotel di lusso, nella sospensione temporale di una vacanza in cui lo scrittore, Kenji, e sua moglie Aya, editor di un grande publisher, cercano le coordinate reciproche di un nuovo inizio. E’ proprio la donna a far notare al marito quella strana coppia che sta a bordo piscina: un uomo anziano, Sahara, che potrebbe essere uno yakuza in ritiro, e una ragazza molto più giovane di lui, Miki, intimi ma non promiscui. La ragazza diviene ben presto l’ossessione dello scrittore, lo spazio bianco di una ipotesi attrattiva che lo porta a seguire quella coppia, intrufolarsi nella loro camera, entrando in una relazione vischiosa con quel misterioso personaggio che possiede quell’immagine di purezza. Wayne Wang materializza in tutto come un gioco d’ombra psicologico, in cui le relazioni sono basate su una sorta di flusso di coscienza improprio, in cui la realtà si scontorna e lo stesso rapporto di confluittuale complicità che si instaura tra lo scrittore (interpretato da Hidetoshi Nishijima, alla Berlinale come protagonista anche di Creepy di Kiyoshi Kurosawa) e il vecchio protettore della ragazza diviene la duplicazione di un gioco conteplativo che mira a riscrivere la realtà su quel corpo innocente. ph Sahara è un collezionista di purezza, raccoglie riprese di Miki che dorme, le conserva e custodisce nella consapevolezza che quella ragazza è destinata a tradirlo, a proseguire il suo cammino oltre lui e al di là di quella innocenza che lui custodisce così gelosamente. Ovviamente il film è tutto elaborato come un’ipotesi psicologica sospesa sulla fluidità delle emozioni e sulla rimozione del desiderio, mentre Wayne Wang  insiste sul tema della reciprocità tra l’ossessione e l’immaginazione, tra l’osservazione e la scrittura, disseminando il testo di una serie di sottotrame che restano immancabilmente irrisolte. L’impianto visivo è intimo e introspettivo, giocato però su una tensione che attraversa i cromatismi caldi e notturni come spazi mentali da riversare poi nella banale luminosità delle scene diurne, scritte nell’impersonale eleganza dello spazio alberghiero e del tempo turistico. Un film intenso e dolce, di sicuro scritto su tracce già viste, ma anche capace, come sempre in Wayne Wang, di accendere illusioni e emozioni di netta verità filmica e cinematografica.

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