La sfida di Dall’altra parte è quella di raccontare il dolore della guerra nel dopoguerra, provare a raccontare come si fa a rimettere insieme la vita dopo la tragedia, ma è anche raccontare la prova di un perdono senza dimenticare il passato di violenze e di tragedie di interi popoli. Dall’altra parte supplisce anche a quel diffuso e generalizzato atteggiamento attraverso il quale velocemente si cancella il passato. Le società dalla memoria corta dimenticano in fretta, la storia è surclassata da un eterno presente che a volte non prevede neppure il futuro. Il croato Zrinko Ogresta, professore all’Accademia di Belle Arti di Zagabria e con Dall’altra parte al suo settimo lungometraggio, prova, nel suo piccolo e breve, ma intenso, film a mettere insieme queste riflessioni e lo fa osservando Vesna, la sua protagonista, veicolando il suo pensiero in un racconto che pare silenzioso, dimesso e quasi rubato nelle sue immagini. Il film è del 2016 ed è stato distribuito in Italia da Cineclub Internazionale ed oggi è visibile on demand sul canale Vimeo della distribuzione. Vesna, una donna cinquantenne, vive da sola, ha due figli ormai adulti che vivono le loro vite e le relative complicazioni. Lei assiste persone anziane. Un giorno le arriva una telefonata da uno sconosciuto che dice di essere Zarko il suo ex marito. Lui era un ufficiale dell’esercito serbo e a causa dei suoi crimini di guerra ha subito un processo davanti al Tribunale dell’Aja. Oggi è tornato a Belgrado. I due provano a riallacciare i rapporti. Vesna è ritrosa, offesa, anche scandalizzata, ma forse ancora ama quell’uomo e vorrebbe ritrovare la propria vita sconvolta. Ma ancora una volta dovrà fare conto solo sulla sua forza d’animo e sul suo coraggio.
Un film, Dall’altra parte, tutto filtrato da un’intimità forte, da un raccoglimento che non è né posticcio, né ricercato, ma reale, Ogresta filma con pudore i sentimenti della sua protagonista e la osserva mentre prova a rimettere insieme i cocci dopo una dissoluzione tragica di un mondo e delle esistenze che c’erano dentro. Un vero paesaggio dopo la battaglia, come quelli, che per disgrazie più circoscritte ha saputo creare il cinema di Atom Egoyan. Il regista croato, dicevamo, sembra rubare le immagini. Il suo è un film di sequenze trasversali, di trasparenze, attraverso vetri, specchi, tende, muri, sguardi rubati da soggettive insistenti di un occhio (in)discreto. Da qui la sua reale intimità, il suo sguardo tutto sommato, leggero, su una materia pesante, come pesante può essere la materia del perdono. Il perdono è, infatti, l’altro tema centrale del film. Vesna è disposta al perdono, vuole, riattaccare i pezzi della propria vita ed è felice che il marito abbia i suoi stessi desideri. Lei una specie di vittima bianca di una guerra insensata e odiosa, porta addosso, in quell’intimo sguardo del suo essere gentile con i suoi anziani, ma anche forte davanti alle cose della vita, una specie di maledizione per quel marito criminale, ma nonostante tutto è disposta a perdonare. Come dicevamo il film sa guardare dentro questa umanità di Vesna e il suo personaggio acquisisce via via spessore. Ripaga quindi il canone narrativo di Ogresta che sa consegnarci quello sguardo intimo e quasi pudico che osserva quasi sempre da lontano la protagonista e quando è da vicino spesso lo fa attraverso quegli specchi o quelle altre superfici in cui vediamo il riflesso di Vesna. Il lavoro di regia è attento e rigoroso, coerente nel suo fluire e qui, la distanza che la macchina da presa tiene dal suo soggetto non è mai significato di distacco, di distanza utile ad osservare quasi per giudicare. Si ha, invece, l’impressione che Ogresta abbia quasi il desiderio di entrare in punta di piedi nella vita della sua protagonista quasi a scusarsi dell’invadenza della macchina da presa.
Tutto questo restituisce quell’assoluto realismo ricercato evidentemente dal regista per attualizzare il proprio racconto e conferire quella necessaria lacerazione che ogni dopoguerra porta con sé. Vesna si offre allo spettatore con il suo animo ferito, con le sue speranze frustrate, con la sua vita divisa tra figli con i loro problemi, l’amante del figlio, la figlia che non trova lavoro per il nome che porta, e il suo lavoro umile e necessariamente precario. Un particolare merito per la complessiva qualità del film va riconosciuto sicuramente a Ksenija Marinkovic, l’attrice croata cui è stato affidato, con ottima intuizione, il ruolo della protagonista. La sua recitazione, mai invadente, è perfettamente coerente al tono generalmente semplice e immediatamente percepibile sul quale il film è modulato. Una semplicità che non va, sotto alcun profilo, a detrimento dell’intensità emotiva che il film sa suscitare. Anzi in realtà è proprio questa esibita semplicità ad esaltare i sentimenti sui quali il film vive e di cui è fatto. Non resta che guardare riflettere qualche momento sul titolo su quel Dall’altra parte che sembra sintetizzare la posizione dello stesso autore con il suo sguardo costantemente lontano, ma potrebbe anche far pensare alla posizione dello spettatore che sta da una parte differente rispetto a quella di Vesna, guardando tutto da un’altra parte della storia. In ogni caso, qualsiasi significato si voglia attribuire al titolo, quelle parole sottolineano l’opposta posizione di qualsiasi interlocutore rispetto a quella della protagonista. Ancora una volta, ripensando a quegli anni della guerra che questa profonda riflessione sulle forme personali della ricostruzione della propria esistenza, ci obbliga a fare, diventa incredibile pensare che tutto sia accaduto nel cuore del nostro continente così apparentemente distante da ogni conflitto armato. Il film è del 2016 quando ormai molti anni erano passati dalla conclusione dei conflitti, ma il racconto ci fa comprendere quanto ancora siano profonde quelle ferite e quanto pesino sulle vite delle persone e, come saprà chi vorrà vedere il film, che forse non tutto è così scontato e nemmeno il perdono. Ogresta si fa pessimista nella sua riflessione, impietoso con Vesna che pure ha dimostrato di amare, ma soprattutto pesa, in conclusione, il giudizio che si fa implacabile sulla possibile riconciliazione. Quindi raccontare la storia di Vesna, che diventa il particolare di una più generale platea, e della sua tormentata esistenza, diventava necessario, fosse solo per riflettere per l’avvenire, costituendo anche questa una testimonianza proveniente dal passato, ma gettata verso il futuro.