Nell’attuale momento storico la guerra è argomento non limitato alla cronaca e all’informazione, ma anche tema su cui molti artisti stanno riflettendo con opere significative. Il fumetto Otto colori della guerra (pag.180, euro 20), appena uscito per i tipi di Ottocervo, ne è un validissimo esempio. Titolo d’esordio di Gaid (al secolo Michele Bisazza) è un’opera mosaico che, attraverso otto racconti, rievoca alcuni tra i principali conflitti occorsi tra il 1915 e il 1967, pescando tra gli eventi più noti (lo sbarco in Normandia, la guerra del Pacifico) e altri meno indagati, a volte ricamando sui fatti storici, in almeno un caso pescando addirittura dalle testimonianze dei familiari dell’autore. La brevità dei racconti trae il meglio dalle singole storie, senza sprecare una pagina e mantenendo sempre alta l’incisività dell’insieme. Gaid mette abilmente insieme un afflato di denuncia delle atrocità belliche, con un piglio umanista e lucido che rievoca la lezione di Erich Maria Remarque, raccontando un passato le cui azioni diventano monito universale che si riverbera sul presente. All’efficace economia espressiva si unisce poi una tecnica di grande maturità, degna di un artista consumato più che di un esordiente. Punto di partenza è l’utilizzo di uno stile classico, fatto di chine, matite e acquerelli, esaltato da una carta porosa che trasmette un senso di materialità al solo sfogliar le pagine. Si citava la lucidità dell’approccio perché ogni storia non solo delimita un preciso periodo storico, ma è caratterizzata anche da una differente focalizzazione, che trova la sua sintesi nelle didascalie iniziali, poi riunite alla fine del volume a comporre un’ideale poesia. Grazie a queste poche linee guida siamo così immersi in storie di madri, padri, sorelle, fratelli, amici, figli e amori, ciascuna caratterizzata da un colore dominante.
In Aileen, ambientato durante la Prima guerra mondiale, a far da padrone è ad esempio il verde a metà fra l’erba dei campi francesi e le tinte delle divise dei soldati in trincea nella battaglia di Aubers. 20 scarponi sporchi di sangue ci porta invece fra le truppe italiane della Prima guerra mondiale e le spietate esecuzioni sommarie dei soldati in rivolta, dove domina il giallo ocra. Con I fiori di Elisée ci muoviamo tra passato e presente, fra la rievocazione dei femminicidi perpetrati dagli occupanti tedeschi sulle donne francesi e il ricordo della bambina sopravvissuta, narrato con tinte di un grigio-azzurro “fiori pallidi”. È invece un grigio ancora più pieno quello di La condanna del cecchino, ancora nel secondo conflitto mondiale, che assieme al bianco-neve macchiato di rosso del successivo Il cerchio della vendetta, è oltremodo caratterizzato da un cambio della carta, di color panna, che aumenta il senso di materialità delle figure. Il giallo cobalto ci porta invece a Zero, tra i kamikaze del Pacifico, fra ossessioni e l’ironia beffarda di un destino che colpisce un comandante desideroso di schiantarsi contro il nemico americano. Ancor più forte il giallo-arancio di Tunnel, sulla guerra in Vietnam dove la dinamica tra soldati e vietcong è rivisitata dal punto di vista alquanto inedito degli affetti, delle speranze e dell’orrore provato dai combattenti vietnamiti. Infine 81-18 che sembra uno scampolo del finale di Salvate il soldato Ryan, con il ricordo di un sopravvissuto allo sbarco in Normandia.
Attento a preservare sempre le tematiche a lui più care e il suo respiro materico e poetico, Otto colori della guerra si distingue anche per lo stile che, pur coerente nell’insieme, è di volta in volta adattato alle singole esigenze narrative. Se Aileen predilige il formato orizzontale delle vignette per rincorrere il parallelismo fra l’ampiezza silente dei campi civili e l’orrore delle trincee, Il cerchio della vendetta apre a raffigurazioni anche a tutta pagina, mentre 20 scarponi sporchi di sangue frammenta il racconto in un reticolo di illustrazioni dedicate ai numerosi soldati, per cercare di trarli dalla massa più indistinta e rendere così il loro ingiusto sacrificio maggiormente sentito. Infine 81-18 fa saltare gli schemi e lo sbarco in Normandia affastella dettagli delle manovre in un approccio artisticamente caotico e di bella resa espressiva. Su tutti si distingue anche l’accorto lavoro sui balloon, le cui grandezze sono calibrate non solo al “peso” dei dialoghi, ma anche al più complesso lavoro sugli spazi che caratterizza la costruzione delle singole tavole.
L’idea del libro mosaico riesce così a restituire una varietà di spunti che rendono la lettura emozionante e compatta nella descrizione della guerra vista dalla prospettiva “dal basso” di chi la subisce, in barba a ogni retorica sull’eroismo. Ma al contempo sembra diventare anche consapevole riflessione sul percorso compiuto dalle stesse edizioni Ottocervo, ugualmente divise fra la “scientifica” ripartizione delle proposte in precisi filoni narrativi e la libertà espressiva lasciata ai singoli autori. Non sfuggirà infatti che il numero dei racconti (otto, appunto), oltre a riecheggiare il nome stesso dell’editore, centri anche l’ottava uscita del suo catalogo. È inoltre il terzo libro sulla guerra (dopo Tutti eroi di Ivan Appio e Ne è valsa la pena di Marco Aldrighi/Christian Galli/Alberto Bugiù), dopo i tre su storie di vita quotidiana (Camerette di Frita, Ritagli di giornale di Rocco Casulli e Fantasmi di famiglia di Licia Cascione) e i due più vicini ai territori del fantastico (Blue Skin di Gitrop e La Fame di Rolando Frascaro/Maurizio Cotrona e Federico Perrone). Una simmetria degna della tavola di un fumetto, segno di un lavoro attentamente pianificato, ma capace di mantenere spazi di manovra interessanti e offrire campo a esordi di valore. In chiusura del volume segnaliamo il breve portfolio di Gaid, con schizzi preparatori e studi dei personaggi, anche questa una bella scelta già adottata in altri titoli Ottocervo.