Animotion – La genesi di un mondo, Le avventure del piccolo Nicolas di Fredon & Massoubre

«È prestando il suo corpo al mondo che il pittore trasforma il mondo in pittura».

«Mamma mi ha detto che per merenda potevo invitare gli amici di scuola, e io ho invitato anche Marie-Edwige. Marie-Edwige ha i capelli gialli, gli occhi celesti e abita nella casa a fianco alla nostra. Quando gli amici sono arrivati, Alceste ha chiesto: “Deve ancora venire qualcuno? Ho contato le sedie, e c’è una fetta di torta in più”. Allora io ho detto che avevo invitato Marie-Edwige. “Ma è una femmina!”, ha detto Geoffroy. “Be’, sì…”, ho risposto io. “Noi con le femmine non ci giochiamo”, ha detto Clotaire. “A casa mia io invito chi mi pare – ho detto io – e se non ti sta bene ti becchi pure una sberla”. Per la faccenda della sberla però non ho avuto il tempo, perché hanno suonato alla porta ed è entrata Marie-Edwige. Aveva un vestito fatto con la stessa stoffa delle tende del soggiorno. Davvero fantastica, Marie-Edwige. Il problema però è che si era portata una bambola…»

 

 

L’atto creativo e, di conseguenza, il rapporto tra creatore e creatura sono al centro del discorso avanzato da Le avventure del piccolo Nicolas, film di animazione diretto da Amandine Fredon e Benjamin Massoubre, primo lungometraggio animato dedicato a Le petit Nicolas, amatissimo personaggio nato dalla mente dello sceneggiatore René Goscinny (papà di Asterix e Obelix ma anche di Lucky Luke) e dai pennelli dell’illustratore Jean-Jacques Sempé, e protagonista negli anni di una lunga serie a fumetti che incantò intere generazioni di bambini (in Italia per Donzelli Editore). Non solo un film che presenta al pubblico le peripezie mirabolanti di Nicolas ma pure un’opera profonda che scava nel vissuto dei due creatori, coniugando memoria e passione, creatività e amicizia soprattutto concedendo allo sguardo svariate opportunità di immersione nelle fitte trame della vita: Fredon e Massoubre guardano a Goscinny e Sempé i quali guardano a Nicolas che, a sua volta, guarda il mondo, lo attraversa, lo assapora, lo definisce. L’arte come essenza; il disegno, la parola e l’animazione come genesi di un modo e di un mondo che sempre di nuovo si ripresenta agli occhi e interpella il senso. Una forma che non si riduce alla raffigurazione del mondo esterno ma si offre come quel mezzo che permette al suo creatore di poter dialogare con esso, consentendo che possa parlare attraverso di lui.

 

 
Coniugando la leggerezza scherzosa dei toni, l’imprevedibilità del ritmo, la profondità di certe riflessioni su solitudine e nostalgia, il film prodotto da Mediawan (già al centro del progetto Apollo 10 ½) e Bidibul Productions, si rivolge ad un pubblico ampio composto certamente da adulti e piccoli spettatori: i primi pronti a sfogliare un vero almanacco dei ricordi ma anche a fare i conti con qualcosa di poco noto rispetto alla vita dei due creatori; i secondi a scoprire la gentile gioia di un personaggio amabile che scherza, ride con gli amici, scopre la bellezza del cinema e del giocare all’aperto, guarda sempre tutto con curiosità pur combinando una serie di innocenti malefatte. Il film riassembla le vicende più note di Nicolas come Le Tas de Sable e L’École Buissonnière ma inserisce anche personaggi femminili forti come Marie-Edwige e Louisette, riuscendo così a stabilire un equilibrio funzionale a trasformare in avventura ogni piccolo momento di quotidianità. Accanto a queste scelte, del film di Fredon e Massoubre sorprende la forza delle scene di dialogo tra Sempé e Goscinny con Nicolas, capaci di trasformare Le avventure del piccolo Nicolas in un progetto ibrido che ammicca alla forma documentaria e al biopic. Se da una parte il film è un atto d’amore nei confronti di un’opera che ha segnato l’immaginario di molti bambini ora divenuti adulti, dall’altra è pure un omaggio generoso all’eleganza dell’arte di Sempé e al genio di Goscinny: si mantiene una distanza rispettosa che evita la caricatura ma anche rifugge una riproduzione nuda e cruda o agiografica. Ottenere questo effetto non è stato semplice: il film è il frutto di un lungo e laborioso studio di dattiloscritti e disegni originali concessi da Anne Goscinny, uno studio basato su un rapporto tattile con i documenti e le penne di suo padre che si anima grazie alla magia di un cinema in grado di riprodurre un’esperienza sensoriale che passa dal disegno a mano, dalla battitura a macchina, dal fruscio dello sfogliare le pagine.

 

 
Questo approccio ha permesso ai due autori di raccontare una storia mai del tutto ascoltata anche da chi ha sempre visto in Sempé e Goscinny due riferimenti di creatività e umorismo. È innegabile l’impatto dell’opera di Goscinny sull’inconscio collettivo e sull’umorismo francese, così come è altrettanto evidente che schiere di animatori si siano lasciati ispirare dal tratto di Sempé. A tal proposito risulta affascinante il rapporto che si innesca tra storia particolare e storia universale: scopriamo che Goscinny aveva trascorso così tanti anni lontano dal suo Paese d’origine che Parigi era come una città esotica per lui, una fantasia; di Sempé scopriamo che è miracolosamente sopravvissuto a un contesto estremamente svantaggiato e ha raggiunto la cima del mondo dell’illustrazione dopo essere stato pubblicato sul New Yorker. Come dichiarato dalla figlia Anne: «Ho creduto opportuno ricordare al pubblico francese che l’uomo che ha inventato la loro infanzia insieme a Sempé non aveva una goccia di sangue francese nelle vene. Per non dimenticare che ha anche creato (con Albert Uderzo, nato da genitori italiani) uno dei miti francesi del XX secolo: le avventure di Asterix. Eppure mio padre era russo da parte di madre e polacco da parte di padre. Io mi annovero tra coloro che credono fermamente che la storia vada sempre insegnata, perché è l’unico modo per non ripeterla, perciò ho voluto anche ricordare al pubblico che la famiglia di mio padre aveva indossato la stella gialla sulla giacca ed era stata deportata e uccisa ad Auschwitz.

 

 
Una considerazione da fare è questa: probabilmente l’infanzia fatata di Nicolas è quella che i cugini di mio padre, che erano rimasti in Europa, non hanno avuto occasione di avere, mentre mio padre sì, avendo avuto la fortuna di emigrare in Argentina nel 1928». Ed è proprio da qui che si comprende il senso profondo del film: il destino di questi due uomini e artisti che hanno immaginato per il piccolo Nicolas un’intera infanzia e che hanno sviluppato un personaggio intelligente, simpatico e radioso per elaborare le tragedie che entrambi hanno vissuto durante la loro infanzia: per Goscinny, la Shoah, per Sempé, la violenza del padre adottivo. Quella del film è una storia di resilienza e della nascita di un’amicizia e il sottotitolo della versione originale sembra venire proprio da lì: cosa stiamo aspettando per essere felici?