Se la maschera dell’uomo eclissa il politico: Il divo, Loro, Hammamet

C’è una linea sottile, in filo rosso che unisce alcuni film usciti in Italia negli ultimi dodici anni, quattro pellicole che raccontano una determinata fase della vita di tre figure di spicco della politica nostrana. Si tratta di Il divo, di Loro 1 e 2, di Paolo Sorrentino, e di Hammamet di Gianni Amelio, opere di due registi profondamente diversi tra loro ma accomunate da due elementi chiave. Il primo, il più visibile, è la mimesi, lo sforzo coordinato da parte dei truccatori e gli attori protagonisti finalizzato a portare sullo schermo un’interpretazione estremamente fedele agli uomini politici rappresentati. Il risultato è impressionante, a tratti disturbante. Il rischio di scadere nella comicità involontaria, di dare vita a dei mascheroni più simili ai pupazzi di gomma di certi vecchi programmi televisivi di satira era presente, ma viene scongiurato in favore di una somiglianza fisica marcata in sinergia con una recitazione fatta di studio attento e di una riproduzione minuziosa della parlata, della mimica facciale e della gestualità, che colgono l’essenza della presenza fisica di Giulio Andreotti, Silvio Berlusconi e Bettino Craxi. L’immedesimazione non è sempre totale: la personalità di Servillo non si eclissa mai del tutto e viene fuori nelle sue interpretazioni, sotto la superficie resta sempre, entro una certa misura, Toni Servillo che fa Andreotti o Berlusconi. Il lavoro di Pierfrancesco Favino, al contrario, sfiora la reincarnazione. Favino non si limita a calarsi nella parte ma diventa letteralmente Craxi, riproducendone alla perfezione movenze, parlata e atteggiamento, al punto che guardando distrattamente uno stralcio di Hammamet su Youtube, in un primo momento si potrebbe non notare le leggere differenze fisiche che proprio non si potevano superare e illudersi di trovarsi di fronte a un vecchio video degli ultimi anni dell’ex segretario del PSI.

 

 

L’altro elemento che accomuna Il Divo, Loro 1 e 2 e Hammamet è che tanto sforzo viene profuso per ricreare il sembiante fisico degli uomini politici quanto poco si parla di politica. I quattro film raccontano tre differenti fasi del declino di tre figure politiche che hanno segnato la storia del paese, tre momenti in cui, detronizzato in maniera più o meno traumatica e repentina, l’uomo si ritrova a fare i conti con le conseguenze di quello che è stato in passato, proprio nel momento in cui rimane solo l’ombra di quel che era un tempo. Ma di detto passato, né Sorrentino né Amelio entrano nel merito. Qualcosa racconta Il Divo ma poco, e comunque strettamente funzionale al racconto del declino di un Andreotti che, storicamente, ha visto molto di più. Tutti e quattro i film restano un passo indietro, prendono la decisione di non fare i conti con la Storia, evitando quasi del tutto di parlarne direttamente e planando quasi sempre sul pelo dell’acqua e mai tuffando la testa sotto per pescare nel mare che i registi avrebbero a disposizione. Questo rimanere un passo indietro si fa sentire soprattutto in Hammamet: laddove Sorrentino riesce a distrarre lo spettatore con quell’esperienza visiva sovraccarica e straniante che è il suo modo di fare cinema, Amelio si mantiene su un binario più tradizionale e per certi versi datato, con un Favino che ruba la scena e che in definitiva il film lo porta a casa, ma non riesce a sopperire alla mancanza di una sceneggiatura solida e a una riflessione politica che, in un film di questo genere, si fa sentire.

 

Senza voler dare valutazioni politiche facili, da film che raccontano la storia di figure cardine di uno scenario politico complesso come quello italiano ci si potrebbe aspettare, se non una presa di posizione netta, quantomeno una riflessione, o un tentativo di elaborazione della Storia recente del nostro paese. Al contrario, Amelio e Sorrentino se ne tengono per lo più lontani, magari non del tutto ma quasi, preferendo concentrasi sul racconto dell’uomo dietro alla politica. Tuttavia, fare un film su un uomo politico senza parlare di politica è comunque una scelta politica, una scelta che rispecchia un paese che sembra sempre fare tanta fatica a fare i conti con il proprio passato.