Chiudere col botto: Destino zoppo, di Arkadij e Boris Strugackij

Feliks Sorokin viene convocato dall’Unione degli Scrittori Sovietici. Gli viene ordinato, di sottoporre uno dei suoi scritti all’analisi di una nuova tecnologia in grad0 di determinare scientificamente il vero valore di un’opera letteraria. La scelta che Feliks si ritrova a dover fare non è delle più scontate per un autore con un ego: presenta un manoscritto mediocre ma entro i parametri della censura di regime, scongiurando ogni rischio di censura ma passando per uno scribacchino qualunque, oppure presenta il suo capolavoro, Brutti cigni, non ancora pubblicato in quanto non riuscirebbe ad attraversare le maglie del sistema che esercita il suo controllo oppressivo sulla cultura. Ed è così che il lettore entra in contatto con Viktor Banev, lo scrittore protagonista del romanzo inedito di Feliks, alle prese con esseri inquietanti dotati di poteri prodigiosi. Destino zoppo  (Carbonio Editore,  pag. 400, euro 19,50) l’ultimo romanzo scritto a quattro mani da Arkadij e Boris Strugackij, è una ragnatela fitta di rimandi incrociati fra la realtà quotidiana e quella multistrato della narrazione costruita dai due fratelli scrittori. Scritto nei primi anni ’80 ma pubblicato solo nel 1987, negli anni della perestrojka a un soffio dalla caduta del Muro di Berlino, Destino zoppo è composto da una cornice narrativa che contiene una seconda narrazione, il romanzo Brutti cigni che, con un destino nel mondo reale del tutto simile a quello del libro in cui è inserito, è stato scritto a metà degli anni ’60 e, per sfuggire alle maglie della censura sovietica, non era mai stato pubblicato circolando solamente nella forma clandestina del samizdat e, probabilmente, non avrebbe conosciuto altra modalità di diffusione se la Storia fosse andata diversamente e l’Unione Sovietica, nei suoi ultimi anni, non si fosse progressivamente aperta forse percependo già il proprio destino e preparandosi in qualche modo per il futuro che aspettava dietro l’angolo. (In apertura un’immagine di Piazza Lubjanka con l’edificio sede dell’FSB, erede del KGB).

 

 

Un aspetto interessante di Destino zoppo è che, per dei maestri di sottigliezza come i fratelli Strugackij, il romanzo è sorprendentemente schietto nella propria aperta denuncia politica, non a caso i due erano consci che il libro correva il concreto rischio di rimanere in un cassetto. Naturalmente aperto e diretto non vuol dire rozzo, la scrittura ironica e brillante degli Strugackij, la loro mano da scrittori consumati, resta ai soliti, altissimi livello con un prodotto di alta complessità che tocca punte di narrativa genuinamente d’anticipazione con l’invenzione del MISALET, una tecnologia che ai tempi di ChatGPT e dibattito sull’intelligenza artificiale risulta tutt’altro che implausibile nel proprio interrogarsi sulla liceità e sugli eventuali rischi dell’intervento delle macchine in un’attività che amiamo pensare come prettamente umana quale l’arte nelle sue diverse declinazioni. Un po’ come Ursula K. LeGuin che ha anticipato di qualche decennio il dibattito sul genere con il suo La mano sinistra delle tenebre, perché gli scrittori grandi escono sulla distanza finendo, volenti o nolenti, per vedere avanti di diverse mosse rispetto alla realtà quotidiana. E se Destino zoppo dev’essere percepito come una sorta di testamento artistico, possiamo dire che si tratta di una chiusura col botto, l’ennesimo libro mondo di due autori che padroneggiano la pratica della letteratura come esercizio di complessità, nella tecnica come nelle tematiche trattate.