Arrivato a cinquant’anni d’età, il Premio Tenco ha festeggiato l’anniversario a cifra tonda con un’edizione 2024 spumeggiante, tra le migliori degli ultimi anni. A ben guardare, la numerazione dice che l’edizione appena archiviata è la 47ª, ma l’idea di celebrare il mezzo secolo era manifesta nei comunicati e nell’artwork della manifestazione, dove la cifra campeggiava sinuosa. Nata nel 1974 all’Ariston come alternativa al Festival di Sanremo – che all’epoca si svolgeva al Casinò e non veniva frequentato dalla stragrande maggioranza dei cantautori, salvo poi optare per il teatro in cui è tutt’ora e mettersi a fare frequenti acquisti nel campo avverso – la Rassegna della Canzone d’Autore ha dispensato anche quest’anno riconoscimenti che rispondono alle disposizioni statutarie dell’associazione di riferimento, il Club Tenco. Un organismo fondato a Sanremo nel 1972 da un gruppo di appassionati di musica, con la guida del floricultore ed ex partigiano Amilcare Rambaldi, per promuovere e sostenere la canzone di qualità, intitolato al grande artista e cantautore italiano Luigi Tenco e mantenutosi autonomo dall’industria musicale, con in testa ben chiara la mission di “ricercare anche nella musica leggera dignità artistica e poetico realismo”. I Premi dedicati al piemontese Tenco (scomparso nel 1967, proprio a Sanremo), sono stati assegnati ad artisti italiani del calibro di Edoardo Bennato (protagonista, sul palco dell’Ariston, di una performance che ne ha confermato la carica e l’intatta vena interpretativa, anche a 78 anni compiuti), Mimmo Locasciulli (che nella sua vita ha fatto convivere l’ineasausta voglia di musica con la professione medica, da sempre latore di una canzone dalla veste elegante, intensa nelle liriche) e Samuele Bersani (mattatore stralunato, profondo e divertente come pochi altri. In apertura una sua immagine).
Ma in aderenza alla dimensione internazionale del Premio (che, va ricordato, riconosce il valore di un’intera carriera), non è mancato l’omaggio a un personaggio straniero: in questo caso la songwriter argentina Teresa Parodi, poetessa e attivista dei diritti civili, che ha raccolto in patria la non facile eredità della cantaora Mercedes Sosa, oltre ad essere stata ministro della Cultura del suo Paese in tempi meno bui di quelli che la nazione sudamericana vive oggi. Una situazione che l’artista ha voluto rammentare e sottolineare con un riferimento alle politiche poste in essere dal nuovo presidente Milei: “Costui vuole non solo cancellare la memoria, ma anche aggredirla con la violenza. I diritti umani sono un tema importante, a maggior ragione oggi, perché appaiono meno certi: lui invece ritiene di aver individuato due demoni (il razzismo e il comunismo) e in nome delle sue battaglie sembra voler cancellare perfino il ricordo delle persecuzioni politiche e i 30mila desaparecidos dell’Argentina”. Non solo con Parodi la politica e l’attualità sono rientrate al Tenco (ammesso che ne fossero mai uscite), ma anche perché sul palco la maggior parte degli ospiti hanno trovato il modo di far cenno ad altre piaghe contemporanee: le guerre che stanno incendiando il mondo e si allargano sempre più; la illiberalità e l’assenza di libertà che caratterizza molti paesi; la persecuzione di artisti che esprimono semplicemente le proprie idee e vengono censurati (se va bene), imprigionati (in non pochi casi), addirittura condannati a morte, come il rapper Toomaj Salehi. Proprio il trentatreenne iraniano – incarcerato dopo la sentenza pronunciata dal tribunale degli ayatollah, ma con la pena ora sospesa sulla scia di massicce pressioni internazionali – è stato insignito (a distanza) dello speciale Premio Yorum, che il Tenco assegna in associazione con Amnesty International Italia.
Un momento caratterizzato da palpabile commozione (soprattutto quando è stato proiettato il video con una performance di Salehi), e l’occasione per riaffermare il Tenco medesimo quale spazio di libertà in assoluto, superando di slancio – in aderenza alla verità tanto ovvia ma non per questo meno necessaria, secondo cui la musica si divide solo in due categorie: buona e cattiva – qualche polemica capziosa che in passato aveva fatto avvitare la discussione interna al club sul tema dei generi. C’è stato poi un Tenco (applauditissimo) anche per Caterina Caselli, non in veste di magnetica interprete tra beat e dintorni (qual è senz’altro stata, tra il 1964 e il 1975), ma per la successiva, e ben più duratura, attività di produttrice discografica e scopritrice di talenti. Tra le Targhe Tenco (che, in maniera più contingente, premiano il meglio dell’annata musicale) spicca a nostro parere quella per il Miglior Album in assoluto, assegnata a Paolo Benvegnù. È inutile parlare d’amore (pubblicato a gennaio 2024) consta di dodici brani dalla scrittura avvolgente, con sonorità che integrano (post)rock e melodia, confermando come il cinquattottenne milanese, ammaliato prima dal Garda (dove nel 1993 fondò gli Scisma, band seminale dell’indie-rock nazionale) e poi dal Trasimeno (dove ora risiede da papà felice), resti un fenomeno a se stante della musica d’autore italiana, con i suoi percorsi sottotraccia illuminati da canzoni di singolare poesia, lontane dalle mode, con retrogusto malinconico eppure potente e mai consolatorio.
Benvegnù, che ha scritto una manciata di altri bellissimi album e almeno un brano sublime (Se questo sono io, di cui non per caso Gino Castaldo scrisse: “È una canzone che in un mondo perfetto vincerebbe Sanremo”), ci ha confidato dopo il premio, con la consueta modestia: “Questo riconoscimento mi sembra un’enormità. È vero che nella storia dei Benvegnù, e prima ancora degli Scisma, ci sono coerenza ed impegno…ma questa è proprio una carezza inaspettata. E, abituato come sono agli schiaffi, quando arriva una carezza comincio a guardarmi attorno e chiedermi: che cuccede? Cosa devo pagare…?”. Strameritata anche la Targa a Diodato per la Miglior Canzone, La mia terra, parte della colonna sonora di Palazzina Laf di Michele Riondino (e apprezzatissimo il set con cui l’ha onorata, forse il top della prima serata). Tra gli altri, hanno vinto pure Setak (Album in Dialetto, Assamanù), Elisa Ridolfi (Opera Prima, Curami l’anima), Simona Molinari (Interprete, con l’ellepì Hasta Siempre Mercedes, incentrato sul repertorio di Mercedes Sosa), mentre Sarò Franco-Canzoni inedite di Califano è risultato il Miglior Album a Progetto. Dei tanti ospiti che hanno riempito le serate – da Tosca a Gianni Coscia, da Tullio De Piscopo a Tricarico, da Wayne Scott a Jurij Sevčuk (rocker russo che ha potuto finalmente ritirare il premio attribuitogli nel 2022), da Simone Cristicchi e Amara a Filippo Graziani, da David Riondino a Michele Gazich – menzione speciale per i giovani Kento (esemplare più unico che raro di rapper solido, ma senza tatuaggi in vista) e Irene Buselli, cantautrice genovese emergente, capace di incantare la platea giocando con la propria particolarissima voce. E così riemerge, opportunamente rinfrescata, anche l’antica vena del Tenco quale palestra per nuovi talenti.
Le fotografie sono di Fulvio Bruno Studio.