Uno dei protagonisti del 40 Fantafestival, che si sta svolgendo online in questi giorni, è Jeff Lieberman, regista di culto degli anni ’70 e ’80, che è stato ospite della masterclass online moderata da Michele De Angelis e del quale è stato presentato Videokiller, suo film datato 1988. Al regista il festival dedica anche la monografia Jeff Lieberman a cura di Michele De Angelis e Simone Starace, edita da EUS Edizioni/Magnifica Ossessione. Per gentile concessione dell’editore anticipiamo qui una parte del saggio introduttivo della studiosa americana Samm Deighan, Associate Editor di Diabolique Magazine and co-curatrice del podcast Daughters of Darkness ospitato sul sito della rivista. (In apertura un’immagine tratta da Halloween Killer).
Il folle cinema selvaggio di Jeff Lieberman
di Samm Deighan
Non esistono altri registi come Jeff Lieberman. Sebbene abbia diretto solo una manciata di film, ognuno di questi si distingue come un capolavoro nel suo genere, da I carnivori venuti dalla savana (1976) fino a Halloween Killer (2004). Accomunati dal senso di irriverenza, dalla satira e da coraggiose incursioni nel body horror, i film di Lieberman possono essere visti come risposte consapevoli alle diverse ossessioni del cinema horror americano dei vari decenni. È difficile però analizzare questi film come un unicum coerente. I cinque titoli più famosi (I carnivori venuti dalla savana, Sindrome del terrore, 1978, Just Before Dawn, 1981, Video Killer, 1988, e Halloween Killer, 2004) sono infatti estremamente diversi per quanto riguarda il tono, lo stile e i temi trattati. Direi che è proprio questo, essenzialmente, il loro marchio di fabbrica, tanto più notevole se pensiamo a quanto ogni film risulta originale. Si tratta certamente di un tratto unico nella carriera di qualsiasi regista, figuriamoci poi per un autore associato all’horror e al cinema di culto.
Se questi film condividono un tema comune, è la critica sociale. Lieberman ha spesso parlato del suo amore giovanile per quel cinema degli anni ’50 che verteva sulla paura di un attacco atomico e l’avvelenamento da radiazioni. La genesi di I carnivori venuti dalla savana parte da qui, ricollegandosi liberamente al filone degli animali assassini che negli anni ’70 ha accompagnato Lo squalo (1975): film come Grizzly, l’orso che uccide (1976), Il cibo degli dei (1976), Kingdom of the Spiders (1977), Swarm – Lo sciame che uccide (1978), Piranha (1978) e così via. Ma a differenza di alcuni di questi film, dove gli animali diventano giganti o subiscono mutazioni, I carnivori venuti dalla savana si concentra su una minaccia banalmente terrena: i vermi. Girato in Georgia, principalmente con attori locali, il film segue le conseguenze di una tempesta che spinge i vermi a emergere dalla terra e distruggere una cittadina, demolendo gli edifici e insinuandosi persino nel corpo umano. I disgustosi effetti speciali riescono presto a convincerci che i vermi sono una minaccia concreta e lanciano la carriera di Lieberman. Il film fu un grande successo, una specie di Fluido mortale (1958, citato da Lieberman come un’influenza), ma aggiornato a una nuova epoca di body horror. Acquisito dalla American International Pictures per una distribuzione in tutto il mondo, permise inoltre al regista di girare subito dopo Sindrome del terrore.
Opera singolarmente bizzarra, a prima vista Sindrome del terrore sembra voler mettere in guardia sui pericoli dell’LSD, richiamando ancora una volta i cult degli anni ’50 e ’60. Ma in realtà c’è molto di più. Dopo aver perso inspiegabilmente i capelli durante una festa, un uomo è preda di follia omicida, uccidendo diverse persone prima di morire in un incidente stradale. Un suo amico (Zalman King), ingiustamente accusato, investiga sul collegamento fra questi omicidi e un LSD “blue sunshine”, che causa “aberrazioni cromosomiche” in chi lo ha assunto, anche ad anni di distanza. Anche se non assomiglia esplicitamente ai film di zombie di George Romero, Sindrome del terrore contiene un pizzico di quel sottogenere, seppur reinterpretato in chiave imprevedibile, come è tipico di Lieberman. Non si tratta tanto di un film sui mali della droga, quanto sul pericolo di vendersi e abbandonare i valori giovanili della controcultura per adagiarsi nella mezza età. In varie interviste, Lieberman ha del resto lodato declinazioni insolite del cinema di genere, come Blow-Up (1966) di Michelangelo Antonioni. Un’influenza particolarmente evidente in Sindrome del terrore, che offre una rottura radicale rispetto alle convenzioni del cinema di genere americano degli anni ’70, prendendo in prestito elementi dal thriller politico e dalla fantascienza anni ’50 per creare qualcosa di completamente nuovo. Lo slasher rurale Just Before Dawn prosegue questo percorso, nel senso che Lieberman riesce a presentarci i luoghi comuni del genere in modo anticonvenzionale, soprattutto per quanto riguarda il discorso sui sessi. Sebbene il film fosse stato inizialmente concepito dai produttori come uno slasher più tradizionale, con sottotesti religiosi, Lieberman ha cercato consapevolmente di capovolgere gli stereotipi di genere, finendo per creare uno dei personaggi femminili più forti del cinema horror. Se Just Before Dawn è il primo film dell’autore a confrontarsi attivamente con le figure dell’horror degli anni ’70 (laddove I carnivori venuti dalla savana e Sindrome del terrore erano debitori degli anni ’50), appare evidente che Lieberman non è mai stato interessato a restare all’interno delle regole dei generi. Video Killer offre del resto un altro brusco cambio di rotta. Anche se è stato accostato a Videodrome (1983) di David Cronenberg, il film ha infatti un tono più leggero e si affida meno al body horror.
Kevin Dillon interpreta un commesso di videoteca e scopre che una cassetta, contenente un film di fantascienza anni ’50, è stata diffusa dagli alieni affinché chiunque la guardi subisca un lavaggio del cervello. Il terrore delle radiazioni atomiche degli anni ’50, con cui Lieberman è cresciuto, si trasforma nella paura dei media e della tecnologia, mentre resta identico l’incubo del lavaggio del cervello, di una società e una natura distorte oltre ogni controllo umano. Dopo Video Killer, Lieberman si prende una pausa dalla regia cinematografica, per tornare poi fortunatamente all’horror nel 2004, con Halloween Killer, sottovalutato e poco visto. Il film segue Dougie, un ragazzino ossessionato da un videogame in cui il giocatore fa la parte del “piccolo aiutante di Satana”. Per Halloween, i piani di Dougie vengono però sconvolti quando sua sorella torna dal college, portandosi dietro il nuovo fidanzato. Dougie incontra allora uno sconosciuto travestito (in realtà un serial killer) che ingenuamente scambia per Satana, offrendosi di diventare il suo piccolo aiutante. Quasi una parodia nera di Halloween (1978), Halloween Killer è molto più dark delle precedenti satire di Lieberman. Il finale ha un tono apocalittico, perché sottintende che il serial killer travestito da Satana abbia scatenato la follia omicida nella piccola comunità, togliendo ogni potere all’autorità e isolando i membri superstiti della famiglia. Il senso di paranoia all’interno della comunità è lo stesso di I carnivori venuti dalla savana, Sindrome del terrore e Video Killer, dal momento che i cittadini di queste piccole città e di queste periferie sembrano del tutto impreparati alla violenza che esplode in mezzo a loro. La determinazione con cui Lieberman cerca sempre di creare qualcosa di nuovo, schivando le mode del momento, è ciò che rende i suoi film adatti a essere celebrati e riscoperti da nuove generazioni di appassionati dell’horror. Per quanto talvolta ignorati o sottovalutati al momento della prima uscita, i film del regista hanno infatti accresciuto con il tempo la propria reputazione, grazie soprattutto alla capacità dei fan di scoprire e apprezzare capolavori fuori dagli schemi come I carnivori venuti dalla savana, Sindrome del terrore, Just Before Dawn, Video Killer e Halloween Killer. Tutti film in grado di rimescolarvi i cromosomi.
40mo Fantafestival online (free streaming)