La mostra NOT AN ARTIST – Toyboyz Edition, dedicata al Toy Design si svolge fino al 20 di settembre all’Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles. Organizzata dallo IED – Istituto Europeo di Design nell’ambito del progetto di ricerca internazionale NON AN ARTIST a cura di Jacopo Manganiello e Igor Zanti, la mostra indaga il fenomeno del Toy Design attraverso i progetti di Fidia Falaschetti, Joe Ledbetter/J.Led, Massimo Giacon e Simone Legno/tokidoki. La scelta degli artisti e designer in mostra è esemplificativa di un percorso ondivago tra discipline differenti. Sono state infatti individuate delle personalità complesse che possono offrire con il loro lavoro una panoramica, seppur parziale, di quello che significa produrre toy e di quali sono le implicazioni culturali di questo tipo di produzione artistica. In apertura Massimo Giacon, Presepe – Alessi.
Non c’è una data precisa che segni la nascita di quella che potremmo definire “ toy culture”, sebbene si possa, senza difficoltà porre le sue origini agli inizi degli anni 90 con una localizzazione precisa nell’area di Hong Kong. Ed è proprio nell’ex enclave britannico, ideale ponte culturale tra oriente ed occidente, che pare partire l’onda lunga, la new wave della toy culture e di quelli che vengono definiti i toys designer.
Questo tipo di produzione, che si pone a metà strada tra scultura, product design e merchandising, si nutre e cresce su differenti sedimenti: da una parte l’influenza della street art e della cultura visiva della west coast americana che, proprio in quel tratto che congiunge Los Angeles a San Francisco ha avuto, a partire dagli anni 70, una felice e prolifica stagione, dall’altra, invece, un rapporto molto forte con l’universo manga, con l’esperienza degli otaku – giovani ossessivamente appassionati di manga, anime e tecnologia – e con le sottoculture di origine orientale che si sono sviluppate tra Giappone e Corea che hanno portato all’affermazione di artisti e correnti artistiche di calibro internazionale come Takashi Murakami e la Kai kai Kiki, Yoshitomo Nara, MR o, in maniera non diretta, la Kusama, tanto per citarne alcuni. Ci troviamo di fronte ad un fenomeno di profonda ibridazione culturale, dove elementi di quella che potrebbe essere definita la cultura alta si fondono con istanze più tradizionalmente legate a quelle che vengono, in maniera ingenerosa, definite sottoculture. Il toy stesso come oggetto, che assume una dimensione di collezionismo e, di conseguenza, di feticcio, semanticamente sembra fondere al suo interno diverse ispirazioni o, meglio diverse origini: sia gli urban vinyl, i resin toys che i designer plush hanno, infatti, una origine comune con la produzione di giocattoli e bambole per l’infanzia ma si ibridano in maniera evidente incontrando il product design, il graphic design e il fashion design. La scelta degli artisti e designer in mostra è esemplificativa proprio di questo percorso ondivago tra discipline differenti. Sono state infatti individuate delle personalità complesse che possono offrire con il loro lavoro una panoramica, seppur parziale, di quello che significa produrre toy e di quali sono le implicazioni culturali di questo tipo di produzione artistica.
Tratto da ABOUT A TOY
di Igor Zanti