Pedro Almodóvar: i miei film sono sempre sul destino

Julieta23Accolto al festival di Cannes con il rispetto che si deve a un grande regista arrivato al film n.20, Almodóvar ci illustra il suo Julieta. Film che trasferisce i racconti di Alice Munro nella Madrid contemporanea, dove Julieta incontra per caso l’amica di sua figlia, scomparsa dal giorno in cui compiva 18 anni. Si tratta dell’occasione giusta per ripensare la propria vita. E nel frattempo scrivere ad Antia, la figlia scomparsa (senza un apparente motivo) e raccontarle di sé, del compagno che non c’è più, delle scelte fatte, della difficoltà di dovere venire a patti con i sensi di colpa…

 

La vita è a colori

Il primo film che ricordo di aver visto, bambino, era in Technicolor. Per me il cinema è a colori, come la vita. Ricordo che mia madre, ero bambino, per un lutto dovette vestirmi di nero: una sofferenza… Il nero è un bellissimo colore, ma non quando sei costretto a sceglierlo. Comunque in generale il colore per me è simbolo di libertà. E in Julieta qusti colori così luminosi bilanciano il dramma della storia. Che questo fosse il mio ventesimo film me ne sono accorto solo dopo aver finito di scriverlo. Cosa ha di diverso dagli altri? Niente, perché nella vita cambiano solo gli accessori: tu resti sempre tu… Certo, un film così non avrei potuto realizzarlo 20 anni fa e neppure 5: ma è sempre un film di Pedro Almodóvar. Dell’Almodóvar che sono diventato…

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Io e Alice Munro

Il film è tratto da tre racconti di Alice Munro che amo molto e che, dal Canada in cui sono ambientati, ho trasposto nella mia Spagna, alla nostra tradizione e cultura. Alice Munro mi piace perché come me è una donna di casa: lei scrive dopo aver messo a letto i figli, dopo essersi occupata della cena per la famiglia. Io scrivo i miei film dopo essermi occupato della vita… I tre racconti sono Fatalità, Fra poco e Silenzio e sono tratti dalla raccolta In fuga: la protagonista è sempre la stessa, Juliet, ma non sono consecutivi. Li ho unificati io. Se riguardate La pelle che abito, il mio penultimo film, In fuga compare su un vassoio. Dei racconti è comunque rimasto poco, ho volato con le mie ali. Lei è pura letteratura e io ho fatto un film e per di più spagnolo. Diciamo che Juliet e Alice Munro sono le radici su cui è costruito il mio film che un omaggio a una scrittrice immensa.

 

La cerimonia degli addii

Nel film Julieta subisce due addii: quello del padre di sua figlia e quello della figlia stessa. È dominata dal senso di colpa e lo trasmette alla ragazza. Non sono partito dall’idea di fare un film su questo tema: il senso di colpa si è insinuato nella sceneggiatura mano a mano la scrivevo, senza che neppure me ne accorgessi. Il senso di colpa è il destino e i miei film sono sempre sul destino.

 

Niente ironia

Non c’è nessuna ironia, perché volevo che il film fosse davvero un dramma, neppure un melodramma. L’unica canzone è sui titoli di coda, Si no te vas di Chavela Vargas: “Se te ne vai finirà il mio mondo, un mondo in cui esisti solo tu. Non andartene, non voglio che tu vada, perché se te ne vai in quello stesso momento muoio io” sono le parole della canzone e la continuazione delle ultime di Julieta. Volevo tornare all’universo femminile e farlo con attrici per me nuove: solo con Rossy De PalmALMODOVARa e Susi Sanchez avevo già lavorato. E volevo due attrici per le due età di Julieta: non mi piace l’invecchiamento finto, quello del trucco. Una venticinquenne continua ad avere 25 anni anche se la trucchi da 50: non è questione di rughe, ma di tempo che trascorre fuori e dentro di te e ti cambia