A savana e a montanha, al Laceno d’Oro 49 il doc di resistenza di Paulo Carneiro

Poco meno di 30 chilometri quadrati e poco più di 250 abitati: Covas do Barroso, Portogallo del Nord, è quella che si chiama una comunità coesa, spazio vitale antico e presente di gente che si conosce e riconosce il proprio mondo. Paulo Carneiro, dal canto suo, è un regista che sa come stare nei posti dall’identità precisa, conosce le strategie per fare cinema con le persone che si tengono insieme attorno a un’idea: lo aveva già dimostrato molto bene nel magnifico Périphérique Nord, dove si era spinto nel cuore dell’Europa per andare a trovare una comunità di emigranti portoghesi appassionati come lui di auto da rally, traendone un incredibile ritratto di passione, identità culturale, solidarietà umana e solidità dell’immaginario (in Italia lo si era visto al Torino Film Festival). Lo dimostra di nuovo in questo A savana e a montanha, in concorso al Laceno d’Oro, presentato a Cannes 77 nella 56ma Quinzaine des Cinéastes, e che è andato a girare a Covas do Barroso: opera trasversale di finzione immaginaria, documentazione sociale, denuncia ambientale, un po’ commedia, un po’ messaggio pacifico di lotta e resistenza. Per capire di cosa si tratta basta leggere la lettera degli abitanti che accompagna il film: “Sette anni fa, la comunità di Covas do Barroso, nel nord del Portogallo, scoprì che la società britannica Savannah Resources intendeva costruire una delle più grandi miniere di litio a cielo aperto in Europa vicino alle loro case. Di fronte a questa minaccia imminente, la comunità decise di organizzarsi e di espellere la Savannah dalle proprie terre. Dopo diversi anni di conflitto latente, il governo portoghese ha attribuito una dichiarazione ambientale favorevole al progetto, una decisione politica che ha minimizzato le sue più terribili ricadute. Di conseguenza, Savannah ha ripreso le attività di prospezione e la comunità ha risposto bloccando l’accesso alla terra”…

 

 
Vecchia storia sempre nuova, sempre resa attuale dalle reiterate sopraffazioni… Che il film racconta a modo suo, performando una sorta di western ribelle: Paulo Carneiro non è regista di taglio diretto, il suo modo di guardare la realtà segue il perimetro di un immaginario che prospera felice nelle anse della realtà, e allora A savanna e a montanha mostra la comunità indigena assediata dai colonizzatori cattivi e le strategie di lotta resistente trasformate nelle scene di un film d’avventura, che ha per protagonisti giovani e anziani del paese, contadini coi loro trattori, donne e famiglie. Immagini pallide e solari, in sintonia con la luce del posto, struttura narrativa composta per scenette che stanno tra il reale e il grottesco, una frontalità della non-recitazione che affianca il gioco di contrapposizione tra il popolo e i potenti. La natura di Covas do Barroso offre il suo scenario selvaggio alla raffigurazione di genere che riproduce la frontalità del confronto in atto. Si intravede un po’ di Luc Moullet, è vero. Ma si sente uno spirito di adesione alla fantasmagoria del posto che è debitore anche del grande portoghese d’oggi: Miguel Gomes. Paulo Carneiro è uno da tenere d’occhio…