Fino a non molto tempo fa, in larga misura, il compito di sovvertire le logiche del consumo nel cinema d’animazione spettava alla DreamWorks Animation. Oggi, quello stesso compito, teso a innescare nuovi processi artistici ideati per spiazzare lo spettatore pare essere ri(s)coperto dalla Sony Pictures Animation che, grazie a una folta schiera di titoli più o meno riusciti, da una parte si mostra sempre più interessata a imporsi con una propria identità in un mercato in straordinaria evoluzione, dall’altra si rivela attenta a registrare una radicale mutazione nell’orientamento dei gusti del pubblico. A conferma di questa tendenza e per rispondere alle esigenze del nuovo spettatore l’ultima creazione dello studio di Culver City, I Mitchell contro le macchine (inizialmente pensato con il titolo Connected) riesce a fondere alcuni nodi narrativi già esplorati in passato (come il racconto familiare centrale nella trilogia di Hotel Transylvania) alla spinta di elementi stilistici innovativi (come quelli sperimentati in Spider-Man – Un nuovo universo) raggiungendo così una vivacità visiva e una risolutezza di contenuti inimitabile nel panorama contemporaneo. I meriti sono di Mike Rianda e Jeff Rowe, all’esordio nel lungometraggio ma sotto i riflettori dell’animazione proveniente dalla West Coast grazie a Gravity Falls, progetto seriale altrettanto coraggioso per come rimasticava forme, stili e registri comunicativi e, chiaramente, dei produttori Phil Lord e Christopher Miller, sempre più al centro della scena animata (non solo per The Lego Movie, evidentemente).
L’adolescente Katie Mitchell viene presa dalla scuola di cinema dei suoi sogni, non vede l’ora di compiere il balzo evolutivo lontano da casa per iniziare a frequentare nuovi amici e unirsi agli outsider come lei. Tuttavia papà Rick insiste perché tutta la famiglia Mitchell la accompagni nel nuovo istituto in un ultimo grande e indimenticabile viaggio vissuto insieme. Ben presto l’ordinaria esperienza on the road si trasformerà in un’avventura straordinaria perché i Mitchell scopriranno che nel mondo è in corso una rivolta tecnologica e proveranno con tutta la loro impareggiabile stravaganza a salvare l’umanità e a superare le proprie incomprensioni. È chiaro fin dalla prima sequenza che la missione sia quella di divertire con intelligenza coniugando le disconnessioni familiari alle derive delle iperconnessioni tecnologiche. Fotografando con arguzia contraddizioni e assurdità del nostro presente il film guarda al rapporto non privo di trappole tra umanità e tecnologia attraverso uno specchio in frantumi che restituisce allo spettatore un’umanità indebolita, consapevolmente soggiogata e relegata dalle comodità dell’automazione, smarrita dall’ossessione di dover ottimizzare il tempo anziché viverlo nella sua complessità.
Questo elogio dell’imperfezione, perché i Mitchell sono un poco strampalati ma ce la mettono tutta per far funzionare le cose – dalla protagonista Katie nerd e outsider al padre Rick, passando per la mamma Linda, il fratellino Aaron e il buffo carlino Monchi -, ha il grande pregio di convocare sullo schermo lo spettatore di ogni età, guardandolo direttamente negli occhi, offrendogli fin dai titoli di testa buoni motivi per lasciarsi coinvolgere e quindi immedesimarsi in virtù di un’attrazione appagante incline a sorprendere e persuadere, interessata certamente a qualcosa di meno convenzionale e imprevedibile. Non si tratta semplicemente di una convergenza di prospettive bensì, in modo più raffinato, di una convergenza culturale in grado di mescolare universi e stili, dai video You Tube agli anime, dagli smartphone ad Alexa passando per fumetti ed emoticon. In pratica, questo survival movie che intreccia il road movie ma si trova incastonato in un family drama che ricorda, citandoli, tanto la La guerra dei mondi di Spielberg quanto Mad Max: Fury Road di Miller, mette in scena un pirotecnico viaggio in cui lo sradicamento è sì la molla che innesca la vicenda ma pure condizione di un’identità da non smarrire. Cinema folle e denso, che rischia la saturazione ma esplosivo nel suo sovrapporre l’action alla commedia e allo sci-fi, l’animazione classica in 2D al 3D in CGI, attraverso la sua magmatica forma I Mitchell contro le macchine è un film capace di tradurre le dinamiche del vero incontro tra diversità estreme che non rinunciano alla fatica della relazione e credono, di fatto, un altro mondo possibile.