Torino 38 – Casa de antiguidades di João Paulo Miranda Maria e la memoria di un popolo

Un extraterrestre. Così appare fin da subito Cristovam, nativo dell’interno del Brasile, che si  è trasferito al sud, in una ex colonia austriaca, per lavorare nella fabbrica di latte gestita dalla famiglia Kainz. Casa de antiguidades, opera prima di João Paulo Miranda Maria in concorso al 38 Torino Film Festival, si apre su una dimensione altra con un astronauta intento a osservare un buco nella mano guantata, una piccola crepa che a poco a poco diventa una voragine. Sembra un paesaggio lunare quello che lo circonda, con una luce bianca diffusa, asettica e sempre più satura. L’astronauta è lo stesso Cristovam (lo straordinario Antonio Pitanga), in tenuta da lavoro, che poco dopo viene convocato dal capo dell’azienda che gli comunica un taglio allo stipendio. Una scena umiliante a cui assistiamo inizialmente da dietro le spalle di Cristovam, per poi avvicinarci progressivamente fino vedere lo sgomento sul suo volto. «Non capisco cosa dice», sussurra Cristovam all’uomo che parla in tedesco e alla donna che traduce solo mozziconi di frase. «Lei non ha figli, non ha una famiglia. Visto che è anziano e nero, dove potrebbe trovare alternativa migliore?». Cristovam è solo, isolato in questa comunità di ricchi europei, vive con il suo cane e suona il corno. Un giorno scopre nel bosco una casa disabitata e al suo interno una serie di oggetti appartenenti al passato che lo affascinano e con cui percepisce un legame forte. Si trasferisce a vivere lì sentendosi sempre più abitato dal luogo che lo mette in connessione con il suo passato e le sue tradizioni.

 

 

Mentre il mondo fuori è permeato di violenza (dalla propaganda in fabbrica per la scissione dai «nullafacenti del Nord che con la crisi ci sfruttano ancora di più», ai commenti dei bianchi al bar, dall’uccisione della mucca solo perché «vecchia» ai ragazzini armati di fucile che prendono di mira il cane di Cristovam, al giovane uomo che gli lancia una bottiglia di vetro), Cristovam appare sempre più a disagio e sempre più si rintana nella casa abbandonata con cui inizia un vero processo di identificazione. Anche la casa mostra le sue crepe, ma a poco a poco l’uomo trova in lei la forza per reagire e combattere. Un mondo in cui spazio e tempo sembrano coesistere, tutto succede contemporaneamente. E allora l’incontro in mensa con Jandira e la figlia Jenifer accade nel passato, ma lo ricostruiamo a posteriori, ritrovando Jenifer, ormai adulta, diventata prostituta. Lei è la prima dei personaggi a subire una trasformazione agli occhi di Cristovam che la fa diventare un animale come se fosse il segno distintivo per chi subisce soprusi e deve combatterli: oltre alla capigliatura leonina, indossa un giubbotto animalier con sul dorso una tigre, porta fuseaux leopardati e alla fine affronta un avventore che è stato sgarbato digrignando i denti e leccandolo come una vera e propria tigre. Anche Jandira subisce lo stesso trattamento e quando ha un rapporto sessuale con Cristovam, costui la chiama apertamente «vacca». L’ultimo a trasformarsi in animale sarà lo stesso Cristovam che indosserà la maschera e le corna del toro e utilizzerà una lancia per trafiggere i malvagi, come un novello giustiziere che si aggira per il paese in cerca di giustizia. Casa de antiguidades parla del futuro e del passato per parlare in realtà del presente del Brasile perché, come ha dichiarato il regista: «La perdita della memoria di una cultura è un pericolo che esiste: questo film mostra la situazione attuale […] c’è un blocco dello sviluppo della cultura, e siamo chiusi dal governo di Bolsonaro, ci stiamo affacciando allo spegnimento della cultura brasiliana».