Il mito vuole che il compianto maestro Roberto Raviola in arte Magnus (a scanso di equivoci: il più grande disegnatore dell’universo e di tutti i tempi) raccontasse spesso e divertito ai suoi allievi di Castel del Rio di quando aveva sottoposto al parimenti compianto editore Sergio Bonelli gli schizzi di una sua personalissima interpretazione di Tex Willer e di come questi “lo avesse inseguito per tutti gli uffici di via Buonarroti brandendo un tomahawk”.
Ecco stampata una leggenda: come vuole la prassi quando si parla di West, e come ricordano anche le note appassionate di Mauro Boselli (nonché il finale stesso della storia, ma spoilerarlo sarebbe un colpo davvero basso) in apertura del volume a fumetti più atteso di questo inizio d’anno: Tex – L’eroe e la leggenda (Sergio Bonelli Editore, pp. 52, cartonato a colori, all’incredibile e contenutissimo prezzo di copertina di euro 6,90), soggetto, sceneggiatura, disegni, colori (e regia…) di nulla di meno che Paolo Eleuteri Serpieri.
1913. Incalzato da un giovane giornalista, un anziano signore ospite di un ospedale psichiatrico facente anche funzione d’ospizio, rievoca il suo primo incontro, intorno al 1855, con un giovane personaggio da cui per l’intera vita non si sarebbe più separato e a cui pare essere sopravvissuto. Il vecchio potrebbe essere Kit Carson, eterno pard, e il giovanotto dalla lunga capigliatura destinato suo malgrado (ma non di malavoglia) a scalpare un comanche (per minare l’onore del nemico e porre fine a un combattimento che avrebbe potuto rivelarsi estremamente difficile) nientemeno che Tex Willer, già Aquila della Notte e capo dei Navajos. Ma se rivelare di più della storia (e abbiamo già detto molto, forse troppo) è criminale, non lo è l’utilizzo iniziale del condizionale. Perché tra le tante interpretazioni di quest’opera libera (non a caso ambientata cronologicamente in un periodo che molti contesteranno come implausibile rispetto al canone texiano), Eleuteri Serpieri suggerisce con grande intelligenza narrativa e affabulatoria quella dell’ambiguità se non addirittura dell’inattendibilità tout court. Sono davvero gli albori della leggenda di Tex quelli che vengono raccontati? Sono le vere memorie, pur filtrate dall’età e dall’epica, del vero Kit Carson? O il narratore (e il suo ascoltatore, destinato a divenire anch’egli narratore…) sono solo fantasiosi depositari e rielaboratori di una leggenda già trasfigurata in mito e quindi ricostruibile (o decostruibile) per eccessi e difetti sempre mutevoli? Una cosa è certa: quello che agisce in queste pagine dense, a tratti ipercinetiche e spesso contemplative, non è il Tex Willer dell’ortodossia bonelliana. Né, come si è già detto, per l’età, né per il look (uguale ma diverso), né tantomeno per carattere e psicologia. Il titolo parla chiaro: è un eroe e (già) una leggenda, sin dalla sua prima folgorante apparizione (quattro tavole praticamente senza dialoghi di intensa e cinematica furia). Ovvero: è Tex (ossia ciò che Tex rappresenta in termini di portato mitopoietico) ma non è quel Tex. Se si potessero applicare a questo racconto le categorie distintive del genere supereroico (e Tex a suo modo potrebbe anche essere un personaggio appartenente a quella branca del fumetto) potremmo parlare di What If… (ossia di quelle storie immaginarie costruite sulla premessa “cosa sarebbe successo se…”), o addirittura di un racconto alternativo ambientato in un passato/presente di un ipotetico universo parallelo. Ma in una prospettiva più violentemente autoriale e, malgrado l’apparente controsenso, non-bonelliana (e anche questo è un segno dei profondi rinnovamenti interni alla casa editrice), possiamo solo dire che questo è il Tex di Eleuteri Serpieri. Punto.
Un meta-prequel in cui al grande autore veneziano di Druuna (che qui torna, chiudendo in qualche modo un cerchio, alla Frontiera dei suoi esordi, quando pubblicava per la seminale rivista Lanciostory: e quanto del suo stile straordinario e della sua scansione per immagini possa rimandare a nomi come Jean Giraud –nel senso della sua “seconda vita” come Moebius- o Sergio Toppi o Hugo Pratt o addirittura Milo Manara è una scoperta da lasciare al lettore) è concesso di plasmare il personaggio, il suo milieu e il suo entourage secondo una personale visione del mito in perfetta coerenza e simbiosi chiastica con il significato stesso della storia che intende raccontare. In questo senso, ma non solo per questo, l’albo sarà ricordato come una pietra angolare nella lunghissima avventura dell’eroe/icona della cultura (non solo) pop italiana creato da Giovanni Luigi Bonelli e Aurelio Galleppini: perché anche le storie più tangenziali al suo sterminato curriculum seriale (652 albi), ovvero le più sperimentali e preziose sul piano grafico (quelle, per intenderci, pubblicate sui famosi “texoni”, albi fuoriserie affidati per i disegni ad acclarati maestri del fumetto) non si erano mai allontanate così tanto dal paradigma e dal sistema texiano, né mai avevano potuto offrire come valore aggiunto (la memoria potrebbe ingannarmi, ma credo di non sbagliare) la piena coincidenza autoriale tra sceneggiatura e disegni (anche le più esteticamente memorabili, come l’imponente Il cavaliere solitario di Joe Kubert (2001) – che sta per essere pubblicato negli Usa in un unico volume da Dark Horse dopo un mai andato in porto tentativo di serializzazione in 4 parti- o Tex il grande! (1988) disegnata da Guido Buzzelli od ovviamente quel capolavoro monstrum inesauribile e testamento artistico di Magnus che è La valle del terrore (1996), portavano tutte la firma dello sceneggiatore principe Claudio Nizzi). Malgrado sia destinato per molti a essere discusso prima che amato, Tex – L’eroe e la leggenda potrebbe non rimanere un esperimento editoriale isolato, ma aprire una nuova e coraggiosa strada: cosa succederebbe se in futuro fossero coinvolti in progetti analoghi anche tutti gli altri eroi bonelliani affidati ad autori di vaglia (chi non desidererebbe, che so, un Dylan Dog di Giorgio Cavazzano?). What if…?, appunto.