Bruciando sul tempo qualsivoglia instant book dalla qualità discutibile, con il diffondersi crescente del COVID-19 è tornato in libreria Black Hole (Coconino Press, pag.368, euro 26) il grande classico del fumetto underground americano che ha regalato a Charles Burns una fama di portata planetaria. L’opera è un denso, corposo romanzo a fumetti costruito intorno al concetto di malattia, motore narrativo e soprattutto, simbolo pieno di significato la cui forza rappresentativa viene spremuta fino all’ultima goccia. L’ambientazione è la Seattle degli anni ’70, e le vicende dei protagonisti ruotano intorno a un virus che, quando colpisce, segna fisicamente i malati marchiandoli con deformità che variano da persona a persona. Una piccola coda, una seconda bocca sul collo, semplici escrescenze o una pelle che fa la muta come quella dei serpenti sono solo alcune delle forme sotto cui si manifesta la malattia, il cui senso vero tuttavia non si ferma alla superficie e va ben più in profondità della deformità esteriore. In Black Hole il virus rappresenta tante cose.
Il cambiamento, la diversità, quell’età ribollente e drammatica che risponde al nome di adolescenza e la reazione del corpo sociale che isola e marginalizza i corpi estranei non appena li riconosce, siano essi i giovani o gli irrimediabilmente diversi. Perché la malattia, in Black Hole, colpisce gli adolescenti e chi trasgredisce la morale di un’America che non si è ancora del tutto liberata di un puritanesimo arcigno e per nulla comprensivo. Intorno al virus si intrecciano le vicende di quattro persone, storie di un’umanità profonda raccontata con una varietà di registri che va dal minimalismo carveriano alle mutazioni corporee à la Cronenberg, con momenti di una psichedelia cupa, da bad trip. Come succede con i migliori autori completi, Charles Burns fa lavorare sceneggiatura e disegni con grande sinergia. Il segno grafico morbido e spesso, le tavole grevi, dominate da neri ampi spazi riempiti di colore nero e la linea chiara pesante e oppressiva sono elementi che si combinano in un’identità visuale estremamente versatile, che rappresenta una sceneggiatura che attraversa le scelte narrative più disparate con disinvoltura e senza mai farle stridere. Black Hole è un’opera immensa, una vicenda corale ricca e impegnativa, caratterizzata da una densità narrativa e simbolica che volutamene richiede uno sforzo al lettore, perché leggere un’opera di questa portata senza una buona dose di partecipazione emotiva e intellettuale significa averne perso per strada una parte importante.