In un momento in cui il teatro è silenziato, ci sono i primi tentativi di riempire un vuoto che urla. Dopo l’iniziale paralisi dettata dall’incredulità, compagnie, attori, registi si stanno mobilitando per rendere meno cupi questi giorni. Oltre alle varie iniziative pensate per i bambini a casa da scuola (lettura di favole, libri…), arrivano proposte per il pubblico adulto. Anche il servizio pubblico in segno di solidarietà per il difficile momento che le istituzioni teatrali stanno attraversando si è mosso: Rai3 ha inserito nel suo palinsesto un omaggio a Eduardo De Filippo con quattro spettacoli in onda il giovedì in prima serata (si è cominciato il 12/3 con Filumena Marturano, interpretato da Mariangela Melato e Massimo Ranieri – già pensato per il piccolo schermo, era andato in onda la prima volta nel 2010 registrando 6 milioni di spettatori -; seguiranno nelle prossime settimane: Napoli Milionaria, Questi fantasmi e Sabato, domenica e lunedì). Il 10 marzo l’ERT ha organizzato una maratona di lettura in diretta streaming di La coscienza di Zeno: 24 ore sui canali social di Emilia Romagna Teatro in cui gli attori della compagnia permanente si sono alternati ogni ora per leggere la versione integrale del romanzo di Italo Svevo. In questa prima fase le letture vanno per la maggiore, con qualche voce fuori dal coro. Massimiliano Civica, per esempio, ha scritto sulla sua pagina Facebook di aver declinato gli inviti a leggere brani teatrali o racconti «non per falsa modestia, ma perché credo che, dopo il Coronavirus, io che leggo dei brani teatrali in diretta Facebook sia la cosa che più rischia di allontanare definitivamente i pochi spettatori veri che ancora amano il teatro. Il solo pensiero che qualche non teatrante guardi i miei video e si convinca che sia doveroso togliere il finanziamento pubblico al teatro è una responsabilità personale per me troppo grande da accettare».
Ma c’è stato anche un vero e proprio spettacolo, il primo in ordine di tempo, che ha lasciato il segno. L’8 marzo, festa della donna e primo giorno di misure eccezionali per il contenimento del CoronaVirus, alle 18.30, Teatro dei Borgia ha organizzato una performance live di Medea sola per strada – spettacolo scritto da Fabrizio Sinisi e da Elena Cotugno, ideazione e regia di Gianpiero Borgia – con l’intento di «fare qualcosa di utile in questi giorni di smarrimento». Consapevoli che «la diretta Facebook non è propriamente uno strumento teatrale, ma come il teatro è una sorta di focolare, capace di raccogliere le persone attorno a qualcosa, intorno a un tema, per un momento», il video è rimasto sulla pagina della compagnia solo fino alle 22.30 perché poi, come succede per lo spettacolo dal vivo, «il momento è passato, il fuoco si è spento». Un adattamento “virtuale” potente di uno spettacolo che in tempi “normali” va in scena su un furgoncino che gira nelle strade di periferia, con a bordo non più di sette spettatori che si ritrovano al fianco di questa nuova Medea, una prostituta romena.
E l’8 marzo, Medea (Elena Cotugno magistrale nel calarsi nei panni di questa fragile e insieme terribile donna, con un’aderenza fisica ed emotiva totale) è più che mai sola per strada. Su viale della Riviera, la strada della schiavitù sessuale di Pescara, avvolta nel suo cappotto rosso cammina in cerca della fermata dell’autobus. E intanto parla a ruota libera perché, dice, «mi piace parlare, sono chiacchierona». E racconta la sua storia… L’infanzia felice a Bucarest dove viveva con il padre, un professore che ha dovuto nottetempo abbandonare la capitale e trasferirsi in campagna con la famiglia perché inviso al regime. Poi il viaggio in Italia, pagato da un amico del fratello. Un viaggio lungo, «Romania, Bulgaria, Macedonia, Albania» (e sembra di sentire riecheggiare Khorakhanè di Fabrizio de André), fino allo squallido hotel dove incontra l’italiano dai capelli rossi che la inizia alla professione. Medea è giovane e si innamora pensando che, una volta arrivati a Bari, lui la sposerà. Per sopravvivere conta: «Io conto tutto, se lo fai non te ne vai con la testa». 14 sono gli scarafaggi dell’hotel che «raramente uscivano tutti insieme», come più tardi, una volta arrivata in Italia, conterà i clienti, scarafaggi di un altro tipo: «10-15, a seconda delle giornate». E anche la canzone che ama ha a che fare con i numeri: «One, two, three, one, two, three, drink». Una scelta per nulla casuale quella di Chandelier di Sia che dietro l’apparente allegria nasconde un disagio profondo «I’m gonna swing from the chandelier, from the chandelier / I’m gonna live like tomorrow doesn’t exist / Like it doesn’t exist». Così Medea vende il suo corpo nel furgone sulla statale e intanto si illude che un’altra vita sia possibile, soprattutto quando rimane incinta e dà alla luce due gemelli maschi bellissimi, in tutto e per tutto uguali all’uomo che ama «stessi capelli, stessi occhi». E acquistano senso le parole di un proverbio barlettano pronunciate all’inizio: «Rossi e cavalli stellati uccidili appena nati». Il mito è noto e la Medea contemporanea può ora togliersi – letteralmente – la maschera. Il faut faire avec, dicono i francesi… Bisogna accettare le cose, diremmo noi. L’espressione completa, però, è: «Il y a des jours “sans” et des jours “avec” et les jours “sans” il faut faire “avec”», che non è banalmente “ci sono giorni sì e giorno no”, come sempre viene tradotta. Ci sono giorni “senza” e giorni “con” e noi tutti stiamo sperimentando i giorni “senza”. Teatro dei Borgia ha aperto la strada, i giorni “senza” posso diventare “con”.