Resta sempre l’illusione di un disordine radicato nel destino dell’uomo, nei film di Andrey Zvyagintsev. Resta la strana percezione di una bellezza interiore del mondo occupata da una radicale e lontana fierezza del caos. Non è solo un vissuto che appartiene alle parabole morali che racconta, dal Ritorno a Elena, passando per The Banishment. E’ anche una questione di ordine geometrico della bellezza che costruisce tra la scena e lo sguardo, di levigatezza delle strutture visive messa in gioco sul terreno di uno scontro profano tra ordine e disordine, tra giustezza delle attese e devastazione degli effetti. Leviathan in questo senso è la costruzione teorica del dissidio che alberga nel rapporto atavico tra l’individuo e la struttura che lo ospita, questa volta più ampia e complessa del semplice guscio familiare. Il disegno sociale di una reciprocità tra l’individuo e lo stato, evocata dal leviatano hobbesiano, si infrange sulla violenza della relazione tra la bellezza che Kolia difende e l’arroganza del gioco di potere messo in atto su di lui.
Zvyagintsev costruisce il dramma come un processo progressivo di disfacimento dell’intera struttura sociale, l’arretramento della relazione tra l’uomo e lo schema che dovrebbe contenerlo: quella casa sulla scogliera del Mare di Barents in cui è nato e vissuto e che difende strenuamente dalle mire del sindaco mafioso, è l’architettura di un edificio sociale che viene abbattuto dal dissidio che alberga nel patto stesso tra uomo e società. La natura in opposizione alle dinamiche occlusive delle relazioni in atto viene qui utilizzata da Andrey Zvyagintsev in una maniera ancor più agghiacciante nella sua impassibile bellezza, come fosse una concertazione di indifferenza che ignora la forza oppositiva dell’uomo, col suo bianco abbagliante, con i silenzi e i suoni. I movimenti circolari attorno alla casa, l’accerchiamento di spazi aperti e interni a vista, nega il nasondimento strutturale ottenuto dalle geometrie della messa in scena cercate nei film precedenti da Zvyagintsev. In questo senso Leviathan segna quasi un ritorno oppositivo alla nudità del dramma “nucleare” (un padre, due figli) allestito nel suo flm d’esordio, Il ritorno, nel senso che ritrova proprio quello scontro intimo tra l’uomo e il suo più profondo senso di appartenenza a un nucleo, a una struttura.