Introduzione alla mostra L’universo di Pier Paolo Pasolini – Arte e bellezza da Giotto a Patti Smith
Volti sdentati, tratti spigolosi, devastanti piorree. Nell’Italia dei primi anni ’60 – quella del boom economico e di Carosello, del dentifricio obbligatorio e del deodorante per tutti – Pier Paolo Pasolini porta sul grande schermo del cinema una fisiognomica differente. Da dove vengono i volti di Accattone, di Mamma Roma, di La ricotta? Dal sottoproletariato avido di vita che popola le infinite periferie dell’Urbe? Anche, certo. Sono i volti dei “ragazzi di vita”.
Ma prima ancora quei volti austeri, sorridenti e irregolari vengono dal passato. Vengono dalle Chiese, dagli affreschi, dai ruderi, dalle pale d’altare della grande tradizione pittorica italiana. Vengono da Giotto e da Masaccio, e fanno irrompere nella forzata omologazione della modernità. il fantasma mai definitivamente rimosso della differenza e dall’identità. Fra tutti i Maestri del cinema italiano Pasolini è senz’altro il più “pittorico”.Il più capace di generare cortocircuiti visivi ed emozionali fra l’inevitabile immobilità della pittura e la congenita mobilità del cinema. Fra stasi e movimento. Fra passato e presente. Fra bianco&nero e colore. Fra allora e ora. Fra là e qui. Il videomontaggio presentato in questa mostra gioca su questo cortocircuito. E scivola fra dissolvenze e stacchi netti in un universo visivo (ma anche concettuale, filosofico, estetico, politico e sociale) che fa del cinema il terminale estremo di un percorso che viene da lontano, e che solo riscoprendo quelle radici antiche riesce a dirci qualcosa di quel che siamo e di quello che stiamo diventando, O, forse, anche di quello che siamo già diventati.
Gianni Canova
(L’esposizione a cura di Gianni Canova, Silvia Borsari e Paola Rampini si è tenuta al Castello Carlo V di Lecce e ha chiuso lo scorso novembre).