La dolcezza dei tradimenti: commedia giusto un po’ rohmeriana (per la nettezza dei piani di slittamento delle relazioni sentimentali) e anche un po’ lelouchana (per la disposizione obliqua del destino di fronte alla volontà dei personaggi). Parliamo del nuovo film di Emmanuel Mouret, Trois amies, in Concorso a Venezia81: titolo che non lascia alternative alla sinossi, essendo questa esattamente una commedia sentimentale che ha per protagoniste tre amiche, Joan, Alice e Rebecca. Le prime due sono sposate, rispettivamente con Victor e Eric, e insegnano nella stessa scuola, la terza è una guida museale con ambizioni artistiche, è single e ha una relazione segreta con un misterioso uomo sposato, che scopriremo presto essere proprio Eric. La triangolazione passa per il differente approccio delle tre alle questioni di cuore: Joan (India Hair) è una biondina dall’aria sentimentale, tendenzialmente ingenua e profondamente turbata dalla consapevolezza che, dopo tanti anni, non ama più il marito Victor (Vincent Macaigne), che invece è profondamente innamorato di lei, come ci spiega abbondantemente nella narrazione fuori campo degli eventi di cui si fa generosamente carico sin dall’incipit. L’amore in caduta libera di Joan è infatti il primo motore immobile dell’intreccio sentimentale a cui assistiamo: la più pragmatica Alice (Camille Cottin) le spiega che si può anche vivere accanto a un uomo fingendo di amarlo, come fa lei con Eric, senza che questo comporti nulla di sconveniente che non sia la routine di coppia.
Ma Joan proprio non ce la fa a fingere e finirà per parlarne con Victor. Dal canto suo Rebecca coglie in leggerezza ciò che, nel segreto della loro relazione, può darle Eric ed è contenta così, almeno sino a quando Alice non le rivela di aver conosciuto un uomo, un famoso pittore, dal quale è fortemente attratta…Ecco, Trois Amies viaggia su questa lunghezza d’onda, intrecciando destini e amori, segreti e verità, errori e pentimenti. L’idea di verticalizzare la prospettiva dell’intreccio affidandosi alla narrazione fantasmatica di Victor serve a creare un punto di vista terzo sugli eventi che concretizza un senso e un sentimento superno, astratto dal divenire convulso e confuso delle emozioni e pacificato con il valore finale e effettivo delle relazioni. Non che Emmanuel Mouret tragga più di tanto da questo stratagemma, dal momento che il film poi procede in maniera diretta sul gioco dei sentimenti delle tre protagoniste, che ovviamente scopriranno verità su se stesse e sul loro modo di intendere i sentimenti che non credevano acquisite. Si procede verso l’epilogo come verso un destino che risistema le carte sul tavolo senza ferire né salvare nessuno: il fatalismo delle emozioni si rispecchia nella malinconia conciliata e conciliante del narratore, che va via portandosi dietro una serenità che non appartiene ai viventi.