Non si trucca un gioco truccato: Squid Game raddoppia con una seconda stagione ancora più spietata

Seong Gi-Hun ha vinto. Il gioco al massacro a cui ha accettato di partecipare lo ha visto trionfare come unico sopravvissuto su diverse centinaia di giocatori, tutti indebitati fino al collo, in una serie di sfide con in palio un premio in denaro vertiginosamente alto per il campione e la morte per chi perde. Ma Gi-Hun non si dà pace e impiega la ricchezza acquisita per cercare di fermare i criminali che organizzano il gioco a beneficio di clienti estremamente potenti e influenti. Sulla sua strada incontra il detective Jun-Ho, altrettanto determinato a porre un freno all’assurda mattanza. Insieme formano una squadra pronta ad assaltare la base dell’organizzazione che organizza il gioco la quale, tuttavia, sembra sempre essere un passo avanti a loro. Dopo il successo della prima stagione di Squid Game le aspettative erano alle stelle. La serie si basa su un meccanismo narrativo avvincente e su un’estetica riconoscibile, le iconiche tute rosa e le maschere degli aguzzini sono entrate a far parte dell’immaginario collettivo tra cosplay e merchandising, fattori vincenti ma rischiosi da replicare, lo stesso trucco riproposto tale e quale rischia di deludere o, nel migliore dei casi, di stancare presto lo spettatore. Uno degli aspetti più riusciti di Squid Game 2  di  Hwang Dong-hyuk è proprio l’evoluzione del franchise che non solo ne porta avanti la lore aggiungendo elementi nuovi alla narrazione, ma riprende il messaggio di fondo della prima stagione imprimendogli una svolta ancora più cinica e senza speranza.

 

 

Se la metafora politica del sistema come tritacarne profondamente classista era una metafora sociale e politica ben chiara già nella prima stagione, in Squid Game 2 passa l’idea che non solo il gioco è truccato, ma che non c’è modo di forzarne le regole, non ci sono trucchi, alzate d’ingegno o altre possibili vie d’uscita. Si può solamente giocare fino a che gli organizzatori sono soddisfatti del risultato. Il tema di fondo è questo, replicato a più livelli di lettura: tutti cercano una scorciatoia, tutti cercano un modo per uscirne incolumi e con i soldi in tasca, tutti cercano di battere il banco ma il banco non si batte, detta le regole e detta i tempi di ogni partita. Ogni volta che uno dei protagonisti sembra fare un passo avanti il Frontman, il villain della serie, glie ne fa fare due indietro. Da questa seconda serie non è dunque la sola trama a uscire arricchita ma anche l’allegoria che costruisce: il sistema non è solo un tritacarne ma l’ascensore sociale è di fatto guasto, bloccato, fermo e la libertà di scelta su cui si regge è una farsa crudele resa con una lucidità tagliente. I protagonisti hanno, nel corso della trama, un’importante libertà di scelta che tuttavia si rivela se non del tutto fittizia quantomeno tanto condizionata da rivelarsi velleitaria. Certo, la scelta finale è tua ma con quale reale libertà, con quale cognizione di causa la stai veramente operando? Si tratta di libera scelta se la eserciti sotto la pressione della disperazione da una parte e dei sogni apparentemente a buon mercato dall’altra? Squid Game funziona perché parla di noi e del mondo in cui viviamo, Squid Game 2 riesce a raccoglierne il testimone perché ci parla di quanto siamo cambiati, noi e il mondo che abbiamo intorno.