Il cinema è in buona salute: lo ha affermato la presidente di giuria Isabelle Huppert, nel consueto momento dei bilanci, con chiaro riferimento alla selezione dei titoli in concorso all’81ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, che lei e i suoi colleghi erano stati chiamati a giudicare. Certo, a vedere l’equilibrato palmarès si può essere abbastanza d’accordo: ha vinto il film migliore, in cima al gradimento anche della stampa italiana e internazionale, The Room Next Door di Pedro Almodovar, in grado di tenere insieme la qualità assicurata da un grande maestro del cinema europeo (stranamente finora sempre rimasto privo del massimo premio nei tre festival maggiori), un tema complesso e d’attualità come il diritto alla determinazione del fine vita e la coproduzione che gli spiana anche la strada per un eventuale percorso fino agli Oscar, il territorio cui più la Mostra si è legata negli anni della gestione Barbera. Pur fra le più accentuate divisioni che ha suscitato, ci piace anche il Gran Premio della Giuria a Vermiglio, di Maura Delpero, che dal palco ha fatto appello alla salvaguardia dei contributi pubblici per sostenere il cinema indipendente. Il favorito di molti, The Brutalist di Brady Corbet, porta invece a casa un Leone d’Argento per la migliore regia, che premia lo sforzo magniloquente del filmmaker americano e la sua visione dell’arte come espressione del talento di un uomo solo, raccontata in questa fluviale storia girata in 70mm. Un premio speciale va anche al georgiano April, di Dea Kulumbegashvilii, che più di molti altri ha portato avanti un’ipotesi di ricerca filmica, scavando nel rimosso degli aborti clandestini con uno sguardo di raggelata ma partecipe crudezza.
Ultimo premio condivisibile, il Marcello Mastroianni a Paul Kircher per Leurs enfants apres eux, che incorona una delle figure emergenti che più si stanno distinguendo nel nuovo cinema francese – scelta curiosamente in controtendenza alla Colpa Volpi maschile andata al consolidato Vincent Lindon per Jouer avec le feu, che fa un po’ il pari con la Nicole Kidman del deludente Babygirl (premio che l’attrice non ha potuto ritirare per un lutto improvviso). Tutto bene e in un certo qual modo “giusto”, lo ribadiamo. Tutto coerente con un percorso che va avanti da anni e che nelle mani di Alberto Barbera ha reso Venezia una tappa consolidata sullo scacchiere festivaliero internazionale: qualcuno si ricorda quando Hollywood minacciava di spostare il suo baricentro su Toronto? Sembra una vita fa! Solo che mai come quest’anno, la sensazione è che quel “giusto” lo sia ormai un po’ troppo, tanto da seguire un copione che avrebbe bisogno di arrivare finalmente a un rinnovamento. La selezione generale, nel suo complesso, è stata in effetti anch’essa “giusta”, né esaltante né pessima, molto “media”, con più di una scelta abbastanza curiosa in fatto di collocazione dei film nelle varie sezioni. Fermo restando che i programmi ormai hanno un margine d’azione più ridotto che in passato di fronte alla disponibilità dei titoli, alle esigenze dei nomi in cartellone e delle triangolazioni con gli altri festival maggiori, ci si chiede comunque perché, con un Fuori Concorso così corposo e in grado quindi di assorbire bene le spinte più popolari e divistiche (basti pensare a Wolfs con la coppia Clooney-Pitt), la sezione principale non abbia optato per contro per l’inserimento di titoli più forti e in grado di portare avanti quella missione di ricerca e qualità che Venezia da sempre rivendica, fin dal continuo refrain della Mostra che non è solo un festival. In questo caso, titoli come Diva futura – esempio di buon cinema italiano “corretto” e un po’ agiografico nel suo racconto dell’era d’oro del porno italiano – o Joker: Folie à deux risultano abbastanza dei fuori misura per la competizione (qual è il senso di mettere in gara il sequel di un film già generosamente premiato con il Leone d’Oro? Si sperava nella doppietta?). Il tutto mentre opere certamente più interessanti e ricercate come Maldoror, di Fabrice du Welz, venivano messe di lato, e non è nemmeno il caso più eclatante.
Le questioni su questo e su quello rischiano infatti di apparire oziose, se non vengono contestualizzate nel quadro più generale di una struttura del programma che preme inevitabilmente perché lo spettatore e l’addetto ai lavori segua soprattutto la (eccessivamente ampia) competizione, sacrificando in tal modo il resto, dove si celano le migliori sorprese e gli autori più preziosi. Non è tanto questione del fatto che assistere alle quattro ore del magnifico Phantosmia di Lav Diaz costringa a rinunciare ad almeno altri due film – di per sé è inevitabile con durate simili – quanto che le collocazioni di programmazione abbiano palesemente sfavorito titoli come Cloud di Kiyoshi Kurosawa o Baby Invasion, di Harmony Korine, relegati in sale piccole e in orari più scomodi – lo stesso vale per la seconda parte di Horizon: An American Saga, perché l’anticipata stampa è nella piccola Sala Volpi, incapace di assorbire la forza epica del racconto voluto da Kevin Costner?
Alla Mostra che verrà chiediamo dunque più coraggio nelle scelte e maggiore attenzione nella valorizzazione degli autori e delle opere meno compiacenti, per portare avanti le sfide in grado di meglio definire il cinema del domani, che un evento del genere deve illustrare e anticipare, senza subirlo come effetto collaterale di dinamiche altre: la capacità di Barbera di comprendere le criticità è risultata evidente negli anni e tanti sforzi sono stati fatti, ma serve uno scatto in più, per non cadere nell’inerzia programmatica.
Tutti i premi di Venezia 81:
• Leone d’Oro per il Miglior Film: THE ROOM NEXT DOOR, di Pedro Almodovar
• Leone d’Argento Gran Premio della giuria: VERMIGLIO, di Maura Delpero
• Leone d’Argento premio per la migliore regia: BRADY CORBET per The Brutalist
• Premio Speciale della giuria: APRIL, di Dea Kulumbegashvilii
• Migliore Sceneggiatura: MURILO HAUSER E HEITOR LOREGA per Ainda estou aqui (I’m Still Here)
• Coppa Volpi per la migliore attrice: NICOLE KIDMAN per Babygirl
• Coppa Volpi per il miglior attore: VINCENT LINDON per Jouer avec le feu (The Quiet Son)
• Premio Marcello Mastroianni a un giovane attore emergente: PAUL KIRCHER per Leurs enfants apres eux (And Their Children After Them)
• Orizzonti – Miglior Film: ANUL NOU CARE N-A FOST (THE NEW YEAR THAT NEVER CAME), di Bogdan Muresanu
• Orizzonti – Migliore regia: SARAH FRIEDLAND per Familiar Touch
• Orizzonti – Premio speciale della giuria: HEMME’NIN ÖLDÜĞÜ GÜNLERDEN BIRI (ONE OF THOSE DAYS WHEN EMME DIES), di Murat Fıratoğlu
• Orizzonti – Migliore attrice: KATHLEEN CHALFANT per Familiar Touch
• Orizzonti – Miglior attore: FRANCESCO GHEGHI per Familia
• Orizzonti – Migliore sceneggiatura: SCANDAR COPTI per Happy Holidays
• Orizzonti – Miglior cortometraggio: WHO LOVES THE SUN, di Arshia Shakiba
• Leone del Futuro – Premio Venezia Opera Prima “Luigi De Laurentiis”: FAMILIAR TOUCH, di Sarah Friedland
• Orizzonti Extra – Premio degli spettatori – Armani Beauty: SHAHED (THE WITNESS), di Nader Saeivar
• Venezia Classici – Miglior documentario sul cinema: CHAIN REACTIONS, di Alexandre O. Philippe
• Venezia Classici – Miglior film restaurato: ECCE BOMBO, di Nanni Moretti
• Venice Immersive – Gran Premio Venice Immersive: ITO MEIKYU, di Boris Labbé
• Venice Immersive – Premio Speciale della Giuria Venice Immersive: OTO’S PLANET, di Gwenael François
• Venice Immersive – Premio per la Realizzazione Venice Immersive: IMPULSE: PLAYING WITH REALITY, di Barry Gene Murphy, May Abdalla