Jeanne Deber (Carole Bouquet), serial killer in un carcere di massima sicurezza da venticinque anni, viene omaggiata da un copycat che riproduce il suo modus operandi con una cura maniacale dei dettagli. Rinchiusa a vita e senza possibilità di avere una riduzione di pena Jeanne – soprannominata all’epoca “la mantide” perché uccideva uomini all’apparenza impeccabili, ma che nel privato imponevano sofferenze psicologiche e fisiche a mogli e figli – si offre di collaborare per cercare di fermare il nuovo serial killer. A una condizione: il suo unico interlocutore sarà il figlio Damien Carrot (Fred Testot) diventato, forse per senso di colpa, poliziotto, senza più rapporti con la madre, di cui non parla e che dice essere morta in un incidente aereo quando lui aveva dieci anni. Sposato da cinque anni con Lucie (Manon Azem), sembra aver trovato un suo precario equilibrio. Solo il nonno Charles (Jacques Weber) e il suo diretto superiore, il commissario Ferracci (Pascal Demolon), sono al corrente della verità.
All’insaputa del resto della squadra e soprattutto dei media, Jeanne viene quindi trasferita in una residenza blindata per poter collaborare alle indagini. Accanto alla corsa contro il tempo per fermare gli efferati delitti (sono otto e riproducono il modo in cui gli animali uccidono, non a caso Jeanne di professione era veterinaria), c’è l’aspetto affettivo della madre che cerca di riallacciare un rapporto con il figlio che l’ha cancellata dalla sua vita e la odia (nella versione originale le si rivolge dandole rigorosamente del “lei” per mantenere le distanze). Naturalmente le cose sono molto più complesse di come sembrano e Damien dovrà affrontare i propri luoghi oscuri, ovvero la propria storia familiare, scoprendo segreti fino a quel momento sepolti. Ma soprattutto fare i conti con la madre e risalire all’origine del male per poter arrivare in fondo al suo percorso di formazione bruscamente interrotto.
Gelida e al tempo stesso seducente Carole Bouquet che non ha esitato ad accettare il ruolo della serial killer, come ha rivelato in un’intervista: «È così raro che ti propongano questo genere di personaggio mostruoso! Non è il fatto che sia una serial killer che mi ha entusiasmato, è tutta la sua personalità e ciò che avrei avuto da raccontare con lei nei sei episodi». Ottimo anche Fred Testot, il tormentato figlio a capo delle indagini, che proviene dalla commedia (è stato a lungo sodale di Omar Sy), ma dimostra di essere a proprio agio in un ruolo drammatico.
Una miniserie in sei episodi, di circa un’ora cadauno, che è insieme serie poliziesca, thriller psicologico e dramma familiare. Ideata da Anthony Lancret et Pierre Laugie, conta su riferimenti alti al cinema (evidentemente Il silenzio degli innocenti, ma anche Shining, esplicitamente citato nella scena del bagno), e ad altre serie tv (su tutte Blacklist ideata da Jon Bokenkamp). Disponibile su Netflix dallo scorso 29 dicembre, è stata trasmessa in Francia lo scorso autunno su TF1dove ha avuto un ottimo successo di critica e di pubblico: cinque milioni (pari al 21-23% di share) di spettatori in media. Una novità per i parametri del primo canale televisivo francese che affronta il thriller poliziesco senza lesinare sulle scene cruente (e infatti la serie ha il divieto ai minori di 12 anni), ma come ha avuto modo di dichiarare il regista Alexandre Laurent: «Ci sono delle scene scioccanti poiché parliamo di un serial killer spaventoso e di un emulo che riproduce gli stessi crimini. Mi preoccupo molto del realismo affinché il pubblico possa aderire alla storia. Quando giro un film, mi metto nei panni dello spettatore e ho bisogno di credere a quello che vedo».
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