Sono appena arrivato in Giappone e ho già imparato una parola nuova: ueitpliss. Le quattro ore trascorse allo scalo di Haneda – ma a più di un collega nei giorni scorsi era andata anche peggio – sono infatti state scandite dal ripetersi di questo invito con il quale i funzionari, i medici, i volontari replicavano con il tradizionale garbo dei nipponici all’altrettanto prevedibile brontolio degli europei, sbarcati oggi a frotte e fatti immediatamente prigionieri dai controlli (delle app, dell’esito dei tamponi effettuati prima di partire, degli accrediti stampa, dei fogli compilati durante il volo, dei passaporti…) che hanno contraddistinto le operazioni di sbarco, che non mi sento proprio di definire formalità. Senza dimenticare i test salivari che, al momento in cui scrivo queste poche righe, risultavano tutti negativi. Soffermarsi sulla cortesia dei giapponesi in condizioni normali sarebbe quantomeno banale, ma la pandemia che anche qui riprende vigore e un’opinione pubblica largamente favorevole alla cancellazione delle Olimpiadi legittimavano il dubbio di un’accoglienza freddina. Niente di più lontano da quanto accaduto oggi e non solo all’aeroporto: i sorrisi, gli inchini e le espressioni di benvenuto (che pure in questo caso nulla avevano a che vedere con la formalità…) ci hanno accompagnati anche sulle navette messe a disposizione dall’organizzazione, così come i taxi (neri, stile Londra di metà Novecento, anche nella carrozzeria: curioso) che in un secondo tempo ci hanno condotto negli alberghi. (In apertura un’immagine di Casa Italia).
Con la perla di una delle signore addette a istruire i conducenti sulle nostre destinazioni, che, letto il nome Dario sul pass di un collega, non ha nascosto il suo entusiasmo: lo stesso nome di Fo! Alle 18 di qui, cioè all’imbrunire, perché il Paese del Sol Levante é inevitabilmente anche quello del Sol Precocemente Calante, c’è stata l’apertura ufficiale di Casa Italia, che dista due ore circa dal mio albergo e che ho quindi disertato. Ne parlo perché mi ha colpito la definizione contenuta nell’invito del Presidente del Coni Malagò: soft opening. Ecchevordì? Senza sfarzo? Non sarebbe nello stile (si fa per dire…) del personaggio. Mi puzza di politicamente corretto o tale ritenuto. Domani mi informerò e vi farò sapere in che cosa consisteva il “soft”. In tono minore si annuncia certamente la cerimonia inaugurale dei Giochi, la prima senza pubblico e con gli atleti (sempre di meno, ma rimpiazzati per far numero dai dirigenti, con il risultato che sembrerà un raduno di vecchie glorie) che sfileranno in mascherina. E che dire del direttore, cacciato alla vigilia per una battuta infelice pronunciata più di vent’anni prima, quando faceva il comico (ma é un vizio senza confini!) che ha così seguito la sorte del direttore creativo e dell’autore delle musiche?