Man from Tokyo – Una serata fra Luka Doncic e Sergio Scariolo

Prima un giovane talento, poi un vecchio amico. In ordine di apparizione, non di preferenza. La Saitama Super Arena (e vi assicuriamo che quel Super é meritato) ieri proponeva Slovenia-Argentina e Giappone-Spagna. Una ghiotta opportunità per vedere in azione Luka Doncic, il ventiduenne fenomeno di Lubiana e quindi di salutare Sergio Scariolo, coach degli iberici nato e cresciuto a Brescia, cui mi lega una decennale conoscenza, che il tempo e paradossalmente la distanza hanno trasformato in qualcosa di prossimo all’amicizia. Questo in una giornata iniziata nel migliore dei modi, vale a dire incrociando a colazione Borat e il suo giovane scudiero con il morale alle stelle per la prima medaglia d’oro conquistata dall’Uzbekistan, guarda caso nel taekwondo, proprio come accaduto all’Italia. Ce ne sarebbe a sufficienza per pensare a un gemellaggio tra i due Paesi…

 

 

 

 


 

Infilate nello zainetto olimpico maglietta a maniche lunghe e felpa con cappuccio, ovvero il kit di sopravvivenza nell’impianto del basket, data un’occhiata al cielo grigio ma non minaccioso (verificato che in inglese tifone si dice typhon, ho chiesto lumi in proposito alla receptionist dell’hotel che è caduta dalle nuvole, giusto per rimanere in tema…) ho preso la navetta che a orari variabili ma soprattutto imprevedibili fa la spola con il Main Transport Mall, dove partono i mezzi che conducono, sempre a orari variabili e quindi imprevedibili, nei vari impianti. Poiché tutto il mondo è paese, il traffico del lunedì mattina ha raddoppiato i tempi di percorrenza rispetto al giorno precedente e mi sono così perso le battute iniziali di Slovenia-Argentina e quindi anche i primi punti di Donkic. Poco male, perché il fenomeno (non riesco a trovare un altro aggettivo che lo descriva in maniera efficace e sono anzi tentato di usare la maiuscola dell’antonomasia) dei Dallas Mavericks ne ha comunque realizzati 48, 31 dei quali nel solo primo tempo, terminato su un 62-42 che suonava come una sentenza, confermata dal 118-100 finale. Detto che sul fronte opposto il più prolifico (23 punti) è stato Luis Scola, classe 1980, circostanza che mi permette di citare Il vecchio e il bambino di Francesco Guccini, aver visto giocare Donkic vale da solo il prezzo del biglietto aereo. In mezzo secolo trascorso (anche…) tra palestre e palazzetti non avevo mai visto tanta facilità ed efficacia di tiro. Non a caso a fine gara l’allenatore argentino Hernandez l’ha definito il miglior giocatore del mondo. Certo, gli conveniva dirlo, ma al di là che certe classifiche sono talmente soggettive da avere in definitiva poco senso (è più forte Ursus o Maciste?) di cestisti come Luka ne nascono uno a generazione. Di campioni invece no, almeno nella minuscola Slovenia, nazione con poco più di due milioni di abitanti.

 
 

 
 
Gli ultimi due Tour de France de France sono stati vinti infatti da Tadej Pogačar, nato cinque mesi prima di Dokic in un paese a una ventina di chilometri da Lubiana, che sabato è salito sul gradino più basso del podio della prova su strada. E qui finiscono i paralleli tra i due fuoriclasse: con ancora negli occhi il sorriso del ciclista che nonostante fosse partito da favorito si godeva il bronzo, le continue lamentele in campo del cestista mentre la sua squadra stava vincendo largamente e lui otteneva il secondo miglior bottino nella storia delle olimpiadi (dopo i 55 del brasiliano Oscar) risultavano ancora più fastidiose. Per non dire delle risposte secche, al limite della maleducazione, fornite nel corso di una affollatissima conferenza stampa; per vederlo sorridere abbiamo dovuto attendere le domande dei colleghi sloveni, ai quali, bontà sua, si è concesso con minor fastidio. Mi è così sorto spontaneo l’accostamento a Drazen Petrovic, altro straordinario cestista nato nella penisola balcanica (in Croazia, specifico per evitare che venga a tirarmi i piedi, visto il suo nazionalismo…) che a sua volta non brillava per simpatia né in campo, né in sala stampa. A proposito: avete mai visto il documentario del 2010 della Espn Once Brothers? Ve lo consiglio caldamente, tanto più che non è necessario conoscere i due protagonisti – l’altro è il pivot serbo Vlade Divac – per apprezzarne appieno la struggente, drammatica bellezza. E concludiamo con Sergio Scariolo. Visto soltanto da lontano, sia sulla panchina dalla quale ha guidato la sua Spagna a una facile vittoria sul Giappone, sia nella mix zone che ha attraversato a passo di carica, sia in sala stampa. Giusto uno sventolio di mani e lo scambio volante di rassicurazioni reciproche sullo stato di salute. Esco poco prima della mezzanotte. Sulla navetta mi raggiunge una mail dell’organizzazione dall’inquietante titolo “Possible Impact of Tropical Storm No 8 on the Games”. Inutile tradurlo, vero?