Cadeaux sur la Croisette: vincitori e vinti di un festival interlocutorio

Carol-posterSe si tratta di parlare di premi, la questione è semplice: il palmarès licenziato dai Coen a chiusura del 68mo Festival di Cannes è un evidente petit cadeau confezionato per il direttore Thierry Fremaux e soprattutto per il neopresidente Pierre Lescure, succeduto quest’anno a Gilles Jacob. C’era bisogno di consolidare la loro posizione rispetto al sistema cinema nazionale e, nell’anno in cui la selezione francese del concorso era stata giudicata da tutti – francesi compresi – tanto sovrabbondante (ben 5 titoli) quanto di basso livello, il colpo di coda assestato dal palmarès ristabilisse gli equilibri di potere e mette a tacere tutti. E allora: 1) Jacques Audiard, di sicuro il migliore della cinquina (ma non del concorso) con Dheepan, si piazza al centro della scena con una Palma d’Oro che lo incorona per il suo film sinora meno forte e incisivo; 2) Vincen t Lindon ritira quel Premio per l’Interpretazione Maschile che si merita, per la dignità di una carriera e per la sensibilità con cui interpreta La loi du marché di Stéphane Brizé; 3) Emmanuelle Bercot, protagonista di Mon roi di Maïwenn, spintona Cate Blanchett dal naturale ex aequo per l’Interpretazione Femminile in Carol di Todd Haynes, e si piazza sul palco, accanto all’eccellente Rooney Mara, tra lo sconcerto dei più… Il Gran Prix all’esordiente ungherese László Nemes per  Saul Fia sta nelle corde della scoperta di un the_lobster_ft_01nuovo autore su cui puntare, tanto quanto il Prix du Jury al greco Yorgos Lanthimos per The Lobster consacra un autore molto amato da molti, ma anche altrettanto detestato per il suo cinema che schematizza la sovversione. Meglio tacere del Premio per la sceneggiatura del finto-rigoroso Chronic al messicano Michael Franco, tanto quanto è bene sottolineare il Premio per la Regia a Hou Hsiao Hsien, che con Nie Yinniang – The Assassin ha portato a Cannes un nuovo capolavoro per il quale la Palma d’Oro sarebbe stato un atto tanto dovuto quanto improbabile. Resta infine l’onta di essere riusciti a ignorare Mountains May Depart di Jia Zhang-ke, unanimemente considerato uno dei migliori film della competizione.

 

 

 

Se invece – a proposito di ignorati – si tratta di parlare della compagine italiana, va detto che, fatti i conti con le valutazioni di ognuno (Sorrentino sì, Sorrentino no, Garrone così così, Moretti certo ma insomma…), resta una scelta forte quella della giuria di lasciare del tutto fuori dal palmarès tutti e tre i film. E questo, non tanto per motivi di reverenza nei confronti di una cinematografia così fortemente rappresentata, né tanto meno di rispetto per autori che comunque sono ben riconoscibili sulla scena internazionale. Il fatto è che Mia madre, La giovinezza e in fondo anche Il racconto dei racconti sono tre film che oggettivamente hanno animato la competizione come pochi altri e appare singolare che non abbiano lasciato traccia nel palmarès. Ciò detto, non ci si può lamentare più di tanto: si va comunque via portandosi nel sacco quell’attenzione internazionale che sta tanto a cuore a chi va ai festival come ai mondiali di calcio, con la bandiera in mano…

 

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Se infine si tratta di parlare del Festival di Cannes numero 68, allora si resta un po’ interdetti: è il classico caso di programma che nel passaggio dalla carta allo schermo lascia più delusi che soddisfatti. Il livello del concorso è parso mediamente basso e nell’insieme la kermesse ha dato l’impressione di bruciare molte potenzialità soprattutto nello spazio del Certain Regard. Per non dire di una programmazione che ormai si concentra nelle giornate del Marché, tanto che il festival si è sostanzialmente concluso giovedì 21, lasciando le giornate successive a una programmazione residuale e a una Croisette sfollata. Non va però dimenticato che si va via da Cannes 68 portandosi dietro alcuni autentici capolavori, di quelli che fanno l’annata: oltre ai citati Hou Hsiao Hsien e Jia Zhang-ke, ci sono stati anche Trois souvenirs de ma jeunesse di Arnaud Desplechin e i tre volumi di As mil e uma noites di Miguel Gomes (entrambi alla Quinzaine), per non dire di Umimachi Diary di Hirokazu Kore-eda, Cemetery of Splendour di Apichatpong Weerasethakul, The Other Side (Louisiana) di Roberto Minervini, Insideout di Peter Docter…