Fino al 1° luglio 2018, le Scuderie del Castello Sforzesco di Vigevano (PV) propongono un’esposizione che presenta 130 manifesti elettorali italiani, provenienti dalla Collezione Maurizio Cavalloni di Piacenza, che coprono un arco cronologico che dal 1945 giunge fino al 1953. La mostra a ingresso libero, dal titolo Italiani, al voto!, curata da Maurizio Cavalloni, promossa e organizzata dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano, in collaborazione con il Comune di Vigevano, ripercorre un periodo storico decisivo per la formazione della Repubblica Italiana, quello immediatamente successivo alla fine della Seconda guerra mondiale; otto anni che hanno visto dapprima lo svolgersi del referendum istituzionale su Monarchia-Repubblica del 1946, quindi le elezioni politiche del 1948 e le amministrative del 1951, e infine la seconda tornata elettorale del 1953. In apertura Manifesto DC e Comitati Civici 1948, Manifesto Giuoco dell’oca.
I manifesti murali assolvevano il compito di veicolare i messaggi politici ed elettorali, meglio di quanto faceva la radio, il cui spazio dedicato alla politica andò quasi fino a scomparire nel biennio ’46-’48, dei giornali che venivano letti da una minoranza e della televisione che iniziò la prima trasmissione di propaganda elettorale solo nel 1960, con ‘Tribuna politica’. Molto ricca è la sezione dedicata alle elezioni del 1948, dove si assistette a uno scontro tra la Democrazia Cristiana e il Fronte Democratico Popolare per la costituzione del governo del primo parlamento repubblicano e in cui le forze in campo fronteggiavano due visioni opposte del mondo: da un lato De Gasperi, gli Stati Uniti, la Chiesa e il capitalismo, dall’altro Togliatti e Nenni con l’URSS e il comunismo. Da un punto di vista formale, la DC preferiva un uso più intenso d’immagini rispetto al testo, spesso riassunto in uno slogan di poche parole, come il manifesto che presenta un soldato sovietico con il coltello in bocca che sovrasta una scritta minacciosa “È lui che aspettate?”; d’altro canto, il Fronte Popolare mirava a stimolare più l’aspetto razionale dell’elettorato, con un materiale propagandistico più ricco di parole che d’immagini, utilizzando come simbolo, il volto di Garibaldi su una stella rossa.